Cronache

I lavoratori precari sono tre milioni. E sono soprattutto al Sud

Calabria, Puglia e Sicilia sono nella top ten delle Regioni con più contratti a termine. La Cgia: "È necessario che il governo abbassi le tasse sulle famiglie e sul lavoro e rilanci gli investimenti pubblici che sono scesi a livelli inaccettabili"

I lavoratori precari sono tre milioni. E sono soprattutto al Sud

L'incidenza percentuale più elevata dei contratti a termine sul totale dei lavoratori dipendenti occupati nel Paese si registra al Sud; i settori più interessati dalla presenza di questa tipologia contrattuale sono l'agricoltura, il turismo e il commercio. I dipendenti hanno in media un'età compresa tra i quindici e i trentaquattro anni. A dirlo è l'Ufficio studi della Confartigianato Imprese che ha costruito l'identikit degli oltre tre milioni di lavoratori presenti in Italia che prestano servizio con un contratto a termine. "La crescita di questi contratti flessibili registrata negli ultimi dieci anni - segnala il coordinatore dell'Ufficio studi, Paolo Zabeo - è correlata all'andamento dell'economia. Quando il Pil si abbassa il numero scende, quando l'economia torna a salire i precari aumentano. A nostro parere va segnalato che il notevole ricorso a questi contratti non è legato all'elevato numero degli stessi, ma a seguito di una crescita che è stata e che continua a risultare troppo modesta. Con variazioni del Pil molto contenute, infatti, non possiamo che ottenere una cattiva occupazione che abbassa la produttività complessiva del lavoro e conseguentemente anche i salari pro capite".

Quest'anno gli occupati in Italia sono tornati stabilmente sopra i 23 milioni, gli stessi di 10 anni fa, ma nel frattempo, segnala la Cgia, il monte ore lavorato è diminuito del sei per cento. Ciò vuol dire che si lavora meno perché è aumentato il numero dei precari. "Per aumentare il numero dei lavoratori a tempo indeterminato - afferma il segretario della Cgia, Renato Mason - bisogna tornare a crescere a livelli superiori al 2 per cento. E visto l'andamento generale dell'economia fortemente condizionato anche da un clima di sfiducia che continua ad attanagliare molti imprenditori, è necessario che il governo abbassi le tasse sulle famiglie e sul lavoro e rilanci gli investimenti pubblici che sono scesi a livelli inaccettabili. Solo così possiamo creare le condizioni per rilanciare stabilmente il nostro Paese, anche dal punto di vista occupazionale".

Nel primo semestre 2018 i dipendenti a tempo determinato che ha raggiunto il 16,6 per cento sul totale degli occupati dipendenti. Gli occupati a tempo indeterminato sono in flessione. L'aumento degli occupati a termine ha contribuito ad allargare la base occupazionale totale dei dipendenti che nei primi sei mesi del 2018 è cresciuta, secondo i primi dati provvisori, del due per cento rispetto allo stesso periodo del 2017. Situazione critica, invece, per gli occupati indipendenti (autonomi) che nei primi 6 mesi del 2018 sono scesi dell'1,8 per cento. Nel complesso, nei primi 6 mesi del 2018 l'occupazione totale italiana (sia i dipendenti che gli autonomi) è comunque cresciuta dell'1,1 per cento. Nel 2017, invece, la media degli occupati con un contratto a termine è stata pari a 2 milioni 772mila persone. Se in Italia l'incidenza percentuale di questi ultimi sul totale dei dipendenti occupati nel Paese è stata del 15,4 per cento, al Sud questa quota ha raggiunto il 19,3 per cento, contro il 14,8 per cento del Centro e il 13,7 per cento del Nord. A livello regionale la soglia più significativa è in Calabria (con il 21,8 per cento), in Sicilia (con il 21,3 per cento) e in Puglia (con il 20,7 per cento). Il Piemonte (12,8 per cento) e la Lombardia (11,3 per cento) sono i territori meno interessati da questa problematica.

I settori dove si registrano le quote più elevate di precari sul totale occupati sono quelli dove è maggiore la stagionalità. In agricoltura, ad esempio, la percentuale è pari al 60,5 per cento e nel commercio e negli alberghi/ristoranti è al 22,5 per cento.

Significativa anche l'incidenza nel settore delle costruzioni (16,6 per cento) e nei servizi alla persona/imprese (12,3 per cento).

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