Ai nastri di partenza. Via. Le primarie del Pd hanno inizio, sale il sipario sui "fratelli coltelli". Il giorno dopo la firma messa in calce alla carta d'intenti - il discusso programma in cui il Pd scarica Monti, apre alle coppie Gay e rifila un due di picche a Casini, Bersani inizia la campagna elettorale. La sgangherata macchina da guerra parte da Bettola, tremila anime in provincia di Piacenza. Perché al leader che cerca la riconferma paice giocare in casa. E più in casa di così non si può. Pier Luigi Bersani conciona, a favor di flash e telecamere, davanti alla pompa di benzina che fu di suo padre. E di benzina, per battere in corsa Renzi, ne avrà bisogno. Lo sanno anche i suoi compaesani, che poprio davanti al distributore avito issano un cartello che punta il dito contro il nemico numero uno: "Noi aggiustiamo, non rottamiamo". "Bisogna ricostruire quel rapporto un po' sentimentale fra politica e cittadini - dice Bersani -. La politica, per rendersi credibile, deve prendersi qualche rischio se non non può avere credibilità. Questo è il senso della scelta delle primarie". Poi, dopo averlo snobbato nel documento di ieri, apre al premier: "Il prossimo governo dovrà mandare avanti il meglio dell’esperienza dell’esecutivo Monti e che lo stesso attuale premier certamente dovrà continuare a dare un contributo a questo Paese".
Bersani gioca sull'operazione amarcord, su Twitter ha pubblicato una foto di lui da bambino insieme ai genitori (guarda la foto), e Renzi gioca d'attacco.
A ottocento chilometri di distanza, in tutt'altro contesto, va in scena un Matteo Renzi più rottamatore che mai. Lui è già rodato, è in campagna elettorale da giorni e ha già macinato, chilometri, strette di mano e attacchi. Il sindaco di Firenze, parlando dal Grand Hotel Salerno, va subito all'attacco dei papaveri democratici: "Se vinciamo noi non finisce il centrosinistra. Caro presidente D'Alema, al massimo finisce la tua carriera parlamentare". Nel dubbio di essere frainteso proietta anche uno spezzone della puntata di Otto e Mezzo, quella in cui il presidente del Copasir diceva che la vittoria di Renz sarebbe la fine del centrosinistra. Bordata numero uno. Poi passa alla carta d'intenti: "E' un documento molto generale e persino generico. Non ci vedo nessun particolare interesse". Bordata numero due. "Intanto chiedo i voti ai delusi del Pd - risponde Renzi a chi gli chiede se voglia i voti di centrodestra -, che sono molti di più".
Poi lo scenario si sposta. Bersani si trasferisce nella piazza di Bettola e Renzi si sposta a Caserta. I due danno vita a un ping pong di colpi che tra foglie, radici e rami secchi si trasforma in una sfida di giardinaggio: "Abbiamo bisogno di foglie nuove, ma le foglie nuove vengono dalle radici solide", ammonisce il segretario del Pd. Renzi gli risponde a tambur battente: "È vero ciò che dice Bersani, ovvero che senza radici non crescono foglie nuove, ma bisogna avere il coraggio di non dimenticare che per far spuntare foglie nuove è necessario potare i rami secchi, perché ammazzano l’albero". Secca la replica di Bersani: "Sì, sì... Basta che non pensi di essere lui a decidere quali sono i rami secchi e quelli verdi, perchè qui siamo un collettivo. Abbiamo delle regole e la ruota deve girare. Non c’è uno che decide, nè Bersani, nè Renzi nè nessuno.
Si decide nel collettivo".La disfida è appena iniziata. E il rottamotore non risparmia neppure una battuta al vetriolo contro Marchionne: "A Firenze abbiamo inventato il Rinascimento, loro la Duna".
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