È l’ora del country minimale

È l’ora del country minimale

Con il suo ultimo disco Our bright future, uscito lo scorso autunno, ha auspicato e quasi profetizzato l’avvento alla presidenza Usa di Barack Obama, di cui la folk singer afroamericana è fan della prima ora. Tracy Chapman sarà in concerto lunedì sera alla Cavea del Parco della Musica (21.30), per un ritorno negli spazi dell’Auditorium, dopo il successo nell’edizione 2006 di «Luglio suona bene». La Chapman ha pubblicato quest’ultimo album appena cinque giorni dopo la vittoria di Obama, ma lei si schermisce dicendo che il titolo di così stridente positività in tempi di crisi «arriva da un vecchio pezzo che parla di guerra».
È davvero raro incontrare musicisti di fama mondiale come la Chapman. Artisti, non star, che riescono a mantenere un profilo pubblico così discreto, così distante dal mondo patinato e, spesso finto, dello show business. Tracy Chapman fa parte di quel ristretto gruppo che si può ancora permettere di essere quasi scostante nelle sue uscite pubbliche. I suoi dischi, anche dopo tanti anni di distanza uno dall’altro, mantengono la cantante sempre fedele al proprio carisma di cantautrice folk. Voce di un’America profonda, che sogna il «bright future», un futuro luminoso, appunto, senza dimenticare però la quotidianità. Sin dal suo esordio discografico nel 1988 la passione sociale e la lotta per i diritti civili hanno fatto parte dell’attività di songwriter della Chapman. «Attraversare le linee/chi ne ha il coraggio/sotto il ponte/sopra i solchi che separano bianchi e neri» cantava in Across a line brano incluso proprio nel suo primo disco. O ancora testi più ribelli in Talkin about revolution e Subcity dove si fa voce la cosiddetta Main Street (la gente comune).
In scaletta nel concerto di stasera nuovi e vecchi successi per la classica musicalità folk minimale della Chapman, tutta voce e chitarra, con incursioni della band. Atmosfere delicate, suadenti, per testi quasi sussurrati ma profondamente incisivi ed ad alto tasso emozionale. È da sempre questa la cifra stilistica di questa cantautrice timida, dalla voce e dall’atteggiamento quasi mascolino, ma alla fine così delicato e femminile. Anche in quest’ultima fatica discografica, Tracy Chapman continua a raccontare le storie che più ama, ma con una tale piacevole leggerezza che per cogliere il senso della sua critica sociale è necessaria un attento e ripetuto ascolto.

La Chapman arriva in Italia e a Roma dopo una serie di concerti in Germania. «Abbiamo suonato là una settimana ed ha piovuto tutte le sere - ha detto - Avevamo voglia di arrivare in Italia. Qui però fa fin troppo caldo». Vedremo se lunedì il ponentino romano farà la sua parte.

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