L’Ulivo fa una legge speciale per risolvere il «caso Welby»

La sinistra si affida a un principio costituzionale per superare lo stallo

L’Ulivo fa una legge speciale per risolvere il «caso Welby»

da Roma

Ribadire il diritto del paziente a rifiutare le cure e tutelare il medico da eventuali sanzioni penali nel caso in cui interrompa il trattamento sanitario per eseguire la volontà del malato. «Questi principi a mio parere sono già chiaramente espressi e garantiti dall’articolo 32 della Costituzione. Ma visto che qualcuno avanza dubbi abbiamo deciso di consolidarli, ribadendoli in un disegno di legge». A dirlo è il senatore dell’Ulivo, Massimo Villone, primo firmatario del disegno di legge presentato al Senato al preciso scopo di dare una risposta concreta ed immediata al caso di Piergiorgio Welby. Il ddl, firmato anche dal presidente della commissione Sanità, il professor Ignazio Marino, dal presidente della commissione Giustizia, Cesare Salvi e dai senatori Furio Colombo e Valerio Zanone, è stato depositato in presidenza e non ancora assegnato in commissione. «Non affrontiamo in questo testo la complessa questione del testamento biologico già in discussione al Senato ma soltanto un singolo aspetto ovvero il diritto del malato a rifiutare le cure», precisa Villone.
Il professor Marino sottolinea con forza che questo ddl «è contro l’accanimento terapeutico ma assolutamente anche contro l’eutanasia. Cerchiamo di fornire un mezzo importante per poter attribuire al paziente il diritto di decidere in ogni circostanza che cosa fare evitando al medico il rischio di essere giudicato complice di un reato o addirittura colpevole di un omicidio». Marino insiste nel ddl «non si parla di eutanasia ma di sospensione di cure che il paziente giudica inappropriate per se stesso. Un principio già chiaramente espresso dalla nostra Costituzione». Ma se questo principio è già garantito dalla nostra Carta costituzionale perché mai occorre ribadirlo in un ddl ad hoc? Marino confessa di essersi posto questo dubbio, chiarito poi dagli esperti di legislazione. «Occorre una norma che traduca nel diritto ordinario quel principio costituzionale» puntualizza, aggiungendo di sentirsi certo che questo ddl, una volta che fosse approvato, non comporterebbe rischi. «La formulazione degli articoli è fatta in modo da non lasciare spazio ad alcuna ipotesi di eutanasia, si parla soltanto di accanimento terapeutico», garantisce il senatore Marino.
Certezza condivisa da tutti i firmatari di questa iniziativa: non si tratta che di ribadire il principio contenuto nell’articolo 32 della nostra Carta costituzionale. Il ddl prevede il diritto del malato di rifiutare, in modo vincolante per qualunque operatore sanitario, qualsiasi trattamento che non sia reso obbligatorio dalla legge per motivi di salute pubblica o di sicurezza (come per esempio nel caso dei vaccini). Il diritto, che si esercita mediante una dichiarazione dell’interessato, comprende anche il rifiuto dei trattamenti diretti a tenere in vita malati terminali, per i quali il decesso possa derivare dalla sospensione dei trattamenti medesimi. Il ddl esclude espressamente che in tale ipotesi possa ravvisarsi un reato a carico del medico che si limita ad eseguire la volontà espressa dal paziente. Anche per il senatore Salvi «il cristallino principio costituzionale sarebbe di per sé immediatamente applicabile». Però di fronte alla precisa richiesta di Welby di staccare la spina la magistratura, ricorda Salvi «ha richiesto un disegno di legge attuativo», dunque si è deciso di avanzare una proposta per rispondere «all’esigenza di dare una soluzione tempestiva a un problema di grande rilievo». Per Salvi è chiaro che «non c’entra niente l’eutanasia e che diverso è altresì il problema affrontato dalle proposte sul testamento biologico». Dunque si augura che «il Parlamento assuma la sua responsabilità con atti e decisioni concrete» auspicando pure il sostegno del governo.
Ma in Parlamento c’è chi la pensa in modo opposto. Ad esempio il senatore azzurro Antonio Tomassini, ex presidente della commissione sanità di Palazzo Madama. «Sono contrario a qualsiasi colpo di mano - dice Tomassini -. Anche questo ddl deve andare in commissione per un dibattito approfondito e se è in questione l’articolo 32 della nostra Costituzione allora occorre addirittura un ddl costituzionale».

Per Tomassini infatti il problema nasce quando il paziente, che pure ha chiesto l ’interruzione delle cure, entra in stato di incoscienza e soffre. «A quel punto il medico deve intervenire - conclude -. Un punto sul quale si è già espressa chiaramente la Cassazione».

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