Non solo buona per diffondere musica, fare shopping, ottenere previsioni meteorologiche e informazioni sul traffico. Ora Alexa potrebbe essere la testimone capace di svelare l'autore di un omicidio. L'assistente intelligente sviluppato e lanciato da Amazon, ormai presenza discreta nelle abitazioni di mezzo mondo (oltre 100 milioni i dispositivi venduti) è lo strumento che potrebbe dare la svolta alle indagini in corso in Florida sull'uccisione di una donna di 32 anni. Sylvia Galva Crespo è stata uccisa lo scorso luglio nella sua casa di Hallandale Beach, dopo aver trascorso una serata fuori con il marito Adam, 43 anni, arrestato e accusato di omicidio di secondo grado (cioè senza premeditazione o particolare crudeltà, come prevede l'ordinamento statunitense). Il coniuge ha sempre sostenuto che la morte sia stata frutto di un incidente. Durante un alterco con la compagna, una fiocina si sarebbe spezzata e la lama da 30 centimetri avrebbe trafitto la moglie per un tragico caso. Ma il sospetto è che la fine di Sylvia sia stata invece l'epilogo criminale dello scontro verbale avvenuto a fine nottata. Un diverbio acceso, ascoltato dai vicini di casa, che però non sono stati in grado di riferire sui contenuti dello scontro ma solo sulla sua animosità. L'unica certezza è che quando la polizia è stata chiamata sul posto, la donna sanguinava e un amico che era stato fuori con la coppia quella sera, stava facendo di tutto per salvarle la vita. Invano.
Come risolvere il caso? Le forze dell'ordine sono convinte che l'intelligenza artificiale di Amazon Echo possa offrire la risposta definitiva. Alexa potrebbe aver ascoltato e registrato la conversazione. «La prova del crimine, cioè le registrazioni audio con l'attacco a Silvia Crespo avvenuto nella camera da letto dell'abitazione, potrebbero essere nel server gestito da e per Amazon», si legge nel rapporto legale della polizia. «Abbiamo ricevuto gli audio e stiamo analizzando i contenuti», ha spiegato il sergente Pedro Abut.
Non è la prima volta che Alexa viene coinvolta in un caso del genere. Lo scorso giugno un giudice del New Hampshire ha chiesto al gruppo di Jeff Bezos di consegnare le registrazioni effettuate dal dispositivo per cercare di far luce su un altro omicidio, avvenuto nel 2008 nella cittadina di Farmington. All'interno dell'abitazione, in cui due donne - Christine Sullivan e Jenna Pellegrini - sarebbero state uccise, c'era un Amazon Echo.
In quel caso, tuttavia, il colosso di Seattle aveva fatto resistenza, definendo la richiesta «inappropriata» e negando la concessione di «informazioni sui clienti senza una richiesta legale valida e vincolante». Il motivo? La privacy dei clienti. Che, se violata, avrebbe potuto aprire le porte ad abusi e spionaggio. Ora il cambio di rotta.
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