Una farsa alla Catalana: ora gli indipendentisti fanno l'auto-secessione

Cup, PdeCat e Erc non trovano l'accordo. I tre partiti divisi alle elezioni di dicembre

Una farsa alla Catalana: ora gli indipendentisti fanno l'auto-secessione

Non sono bastati gli appelli accorati di Carles Puigdemont. Il president in fuga che da Bruxelles tenta di dettare la linea, di tenere alto l'umore dei suoi. Ma Bruxelles è lontana e Barcellona si sente spaesata, confusa.

Facile parlare da un altro Stato, al riparo sotto l'ombrello di quella libertà condizionata che gli ha garantito il governo belga. Agli altri non è andata così bene. Chi è rimasto è stato arrestato e incarcerato. Difficile da far digerire ai suoi l'idea della fuga per battagliare meglio, per quella causa comune. Lui intanto se l'è data a gambe e chi resta deve arrangiarsi. Prima di tutto per le elezioni del 21 dicembre. Non c'era tempo da perdere, Puigdemont da lontano ha implorato i suoi fino all'ultimo: unità. Compatti si vince, restate insieme.

Ma niente da fare. I partiti sovranisti catalani PDeCAT, Erc e Cup non sono riusciti a raggiungere un accordo per una lista unitaria da presentare. Hanno litigato fino all'ultimo, fino a martedì a mezzanotte quando scadeva il termine per la registrazione delle alleanze Poi si sono arresi all'evidenza. Secessione tra secessionisti. L'ultima pessima figuraccia dei politici catalani, ultima grande delusione davanti al mondo che li osserva, li guarda. Non sono riusciti a presentare un programma unitario e credibile neppure quando era urgente e fondamentale dare l'immagine di un gruppo compatto e solido. E così i 10 detenuti politici - 8 membri del Govern di Puigdemont e due leader indipendentisti - saranno candidati in liste diverse. Intanto la Audiencia Nacional di Madrid ha confermato il carcere preventivo per i leader indipendentisti catalani. Resta un'ultima possibilità: nonostante non sia stato raggiunto un accordo fra i partiti indipendentisti per correre con un simbolo unico, c'è la possibilità di accordarsi per un identificatore comune che faccia da ombrello per le liste che condividono alcuni punti. Un pallido escamotage.

Il premier spagnolo, Mariano Rajoy, ha fatto appello per una «partecipazione massiccia» alle elezioni del 21 dicembre in Catalogna, che «serva per aprire una nuova era» in cui si recuperi la normalità e la convivenza e la ripresa economica della regione. Il premier si affida al buonsenso della gente. «Capiranno l'importanza del voto di dicembre perchè esistono dati preoccupanti per quanto riguarda l'economia regionale». Poi l'apertura: «la Spagna sta considerando cambiamenti costituzionali che potrebbero permettere in futuro alle regioni di tenere referendum sull'indipendenza». Lo ha affermato il ministro degli Esteri di Madrid, Alfonso Dastis, in un'intervista alla Bbc. «Abbiamo creato una commissione in Parlamento per esplorare la possibilità di emendare la Costituzione per meglio venire incontro alle le aspirazioni di alcuni cittadini catalani», ha spiegato Dastis. «Sappiamo che c'è una situazione politica che merita di essere guardata ma in ogni caso, è chiaro che la decisione dovrà essere presa da tutti gli spagnoli».

In Catalogna intanto la situazione non migliora. Ieri mattina picchetti di manifestanti secessionisti hanno bloccato le principali strade della Catalogna e del centro di Barcellona per uno sciopero generale per chiedere la liberazione dei «prigionieri politici» e difendere la «repubblica catalana». Bloccato anche il traffico dei treni, con l'invasione dei binari della linea ad alta velocità per Madrid.

Poco dopo mezzogiorno la situazione è gradualmente tornata alla normalità. Terminati i blocchi, migliaia di attivisti si sono riuniti a piazza Sant Jaume sotto la sede della Generalitat, e si sono dati appuntamento per un'altra manifestazione.

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