La grande rivincita del Cavaliere sui suoi euronemici

Il belga Verhofstadt lo criticò apertamente: ora è sceso a patti su Tajani. Il caso Schulz

La grande rivincita del Cavaliere  sui suoi euronemici

Roma - Alle volte il tempo è galantuomo. E concede l'occasione di una rivincita a lustri di distanza. Va così, per esempio, con l'elezione di Antonio Tajani a presidente del Parlamento europeo. L'accordo Ppe-Alde raggiunto nella notte tra lunedì e martedì che ha creato le condizioni per il semaforo verde per l'azzurro, ieri sera, offre a Silvio Berlusconi diversi motivi di soddisfazione, permettendogli di togliersi più di un sassolino dalle scarpe, dimostrando al contempo che le cose, gli equilibri e i giudizi politici cambiano.

E cambiano tanto, se a permettere a Tajani di imporsi sia stato l'accordo con l'Alde di Guy Verhofstadt, quello stesso gruppo che pochi giorni fa ha rigettato le nozze con gli eurodeputati a Cinque Stelle che proprio l'ex premier belga aveva organizzato accordandosi con l'ex nemico giurato Beppe Grillo.

Ma, quanto a inimicizia, anche tra Verhofstadt e Berlusconi non è sempre tutto filato liscio. Nell'Alde, per dire, c'era un certo Antonio Di Pietro, e proprio Verhofstadt, quando a settembre 2011 Berlusconi fece visita all'Europarlamento riunito in plenaria a Strasburgo, proprio nel giorno in cui volevano incontrarlo i giudici partenopei che indagavano sulla presunta estorsione ai suoi danni da parte di Giampaolo Tarantini, ironizzò sulla tempistica scelta dall'allora primo ministro italiano. Le prime scintille risalgono però a un decennio prima, pochi giorni dopo gli attentati dell'11 settembre 2001.

Verhofstadt era premier del Belgio e presidente di turno dell'Ue, e il suo ministro degli Esteri Louis Michel, in un'intervista, andò all'attacco di Berlusconi, bocciato con uno «zero» in pagella, voto che il ministro belga aveva assegnato oltre che a lui soltanto ai talebani. Seguirono giorni di tensioni diplomatiche tra i due Paesi, finché proprio Verhofstadt alzò il telefono per spiegare al suo omologo italiano Berlusconi che il severo maestro-ministro Michel era «rammaricato» per l'accaduto, e che insomma quel voto a favore di telecamere era stato solo un «incidente».

Ma c'è un altro protagonista di epici scontri europei con Berlusconi che l'elezione di Tajani riporta sulla stessa strada del leader di Fi: l'attuale presidente socialdemocratico del Parlamento europeo, Martin Schulz. Quello che il 2 luglio di 14 anni fa si scontrò verbalmente con Berlusconi che si apprestava a inaugurare il semestre di presidenza italiana dell'Ue. Schulz attaccò gli alleati del Cav - il Carroccio in particolare, con un paragone tra Bossi e l'austriaco Haider - e criticò Berlusconi per l'immunità. Infine paventò il timore che «il virus del conflitto di interessi che sta umiliando la democrazia italiana si espandesse anche a livello europeo».

Berlusconi replicò pronosticando un ruolo da attore per l'esponente socialdemocratico, e sollevando un polverone durato anni: «So che in Italia c'è un produttore che sta montando un film sui campi di concentramento nazisti: la suggerirò per il ruolo di kapò».

Schulz se la legò al dito, e ancora nel 2012 sparò su Berlusconi «minaccia per l'Europa». Ora però lo attende il passaggio di consegne proprio con l'ex portavoce di Berlusconi.

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