L'uomo che mise il quarzo negli orologi da polso (morto a 100 anni precisi)

Fu lo svizzero René Le Coultre a rivoluzionare i cronografi portatili: l'idea sviluppata nel 1957

L'uomo che mise il quarzo negli orologi da polso (morto a 100 anni precisi)

Renè Le Coultre è morto puntuale, subito dopo aver compiuto cento anni. Era nato a Milano il 28 luglio del 1918, da una fortunata famiglia di orologiai svizzeri, di Neuchatel a cui il destino ha voluto regalare nel tempo una certa dose di talento. Agli inizi degli anni Trenta il primo colpo di genio: la famiglia Jaeger LeCoultre brevetta il Reverso, con la sua caratteristica cassa basculante. Serviva un modo, alla ricca clientela, per proteggere le parti più delicate dell'orologio durante le partite di polo. Tradizione e precisione altissima, centottanta anni di storia, più di mille calibri, diverse centinaia di brevetti, decine di premi dagli enti più esclusivi di tutto il mondo.

È guardando le montagne di Vallèè de Joux che trent'anni più tardi il genio nella famiglia Le Coultre si ripresenta puntuale. René, diventato grande nel mito del nonno fondatore, maestro della manifattura, si fa ingegnere, cresce nel mito dell'arte della complicazione, nel fascino dei meccanismi perfetti, e ha l'intuizione che cambierà il mondo: mettere un movimento al quarzo negli orologi da polso. Nel 1967 riesce a realizzare quello che a tutti era sembrato fino a quel momento un sogno. Oppure un incubo. La sua idea è destinata a tracciare un confine tra il prima e il dopo. Il quarzo al polso crea uno choc nel mercato, tra le grandi famiglie manifatturiere di lusso. Il suo è un approccio pop. Un terremoto che paralizza il settore e che rischia di trovare impreparate molte maison di orologiai che durante la Seconda Guerra mondiale erano riuscite ad accaparrarsi il 90 per cento del mercato mondiale. Durante la guerra la Svizzera aveva approfittato della sua posizione politica per produrre segnatempo da fornire ai militari di tutte le fazioni. Ma i primi segnali di pericolo per questa egemonia comparvero però poco dopo la guerra, negli anni '50.

Nel 1971 l'invenzione cambia la vita di Renè. Viene assunto dalla Rolex come direttore di ricerca e sviluppo e diventa una delle figure di maggior importanza della Federazione orologiera svizzera, presidente e uno dei fondatori del centro orologiero di elettronica, la sua carriera che corre ormai sganciata dal marchio che ha dato il nome agli orologi di famiglia. All'inizio degli anni '80 collabora alla fondazione del Centro svizzero di elettronica e di microtecnica (CSEM) di Neuchâtel, creato nel 1984. Il Centro, che ha visto la luce grazie alla collaborazione tra pubblico e privato ed è attivo nel settore della ricerca e sviluppo, è oggi presente anche ad Alpnach (OW), Muttenz (BL), Landquart (GR) e Zurigo.

Renè manterrà però un basso profilo, dimesso per carattere, una vita all'insegna del lavoro, e le montagne della Svizzera a fare sempre da sfondo, lontano dai fasti e dalla notorietà. Di lui ci sono pochissime informazioni, qualche amico di sempre come Serge-André Porret, direttore del Csem che ricorda «quanto fosse sempre con la battuta pronta» e in effetti a guardare le rare fotografie che restano di lui te lo immagini spiritoso, con quegli occhi azzurrissimi e arguti. È il vecchio amico che gli rende omaggio e ammette «in realtà ha fatto ben di più che mettere a punto un sistema. Ma era troppo modesto per riconoscerlo». Riservato fino alla fine, quando ancora pochi anni fa in un'intervista diceva: «Il principio di misurazione del tempo con il sistema al quarzo esisteva già da tempo.

Io ho semplicemente avuto l'idea di aggiungere la microelettronica così che il quarzo potesse essere introdotto negli orologi indossati al polso». Umile e defilato, la cravatta ben stretta sul colletto inamidato bianchissimo, ma niente giacca, solo un pullover blu. Da artigiano, ma con la camicia.

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