"Nell'intelligence non esistono amici: tutti spiano tutti"

Il politologo americano: «Lealtà solo nella diplomazia. Washington era consapevole della congiura per rimuovere Berlusconi»

"Nell'intelligence non esistono amici: tutti spiano tutti"

«Ero al corrente in tempo reale che queste intercettazioni fossero in corso, io come molti altri. Quelli che si meravigliano e parlano di fiducia tradita da parte degli alleati americani, mi fanno ridere. Nel mondo dell'intelligence non esistono amici o alleati. La lealtà esiste nella diplomazia, nei rapporti tra i governi ma non nell'intelligence. Tutti spiano tutti. Anche i servizi italiani sicuramente spiano gli americani o i francesi. Gli italiani sono famosi per essere bravi a fare intercettazioni». I nuovi cablo di Wikileaks che rivelano come l'agenzia governativa americana Nsa (National Security Agency) registrasse le conversazioni telefoniche dell'allora premier Silvio Berlusconi, anche nei mesi infuocati del 2011, non sorprendono affatto il politologo esperto di strategia Edward Luttwak. «La Nsa intercetta tutti governi del mondo. Loro mettono antenne ovunque, hanno i computer più potenti del pianeta. Nsa è diventata un mostro burocratico, è un'americanata, dipende da questa l'idea folle del congresso americano che più si intercetta meglio è. Come cittadino americano che paga le tasse non sono contento che l'agenzia sia venti volte più grande del necessario».

Però non è un problema se intercettano le telefonate del governo di un altro paese.

«No, penso invece sia grave che un presidente del Consiglio chiacchieri al telefono di questioni delicate che riguardano il suo Paese, sapendo che può essere oggetto di intercettazione. Nel 1914 lo stato maggiore tedesco proibì di usare radio o telefoni per fare comunicazioni importanti. È una cosa che un capo di governo deve sapere, altrimenti si dimostra incompetente. Come la Clinton, che ha usato il suo server per le comunicazioni ufficiali facendosi intercettare la posta elettronica. Poi, come sempre con i Clinton, pagherà qualcun altro per gli errori che fanno loro. Ma se un uomo di Stato si fa intercettare è colpa sua, non della Nsa o dei servizi che fanno il loro mestiere».

Queste intercettazioni hanno a che fare con la caduta del governo Berlusconi nel 2011?

«Certamente Washington sapeva tutto quel che stava accadendo, sentiva tutte le telefonate ed era perfettamente consapevole che era in corso una congiura benevola per rimuovere Silvio Berlusconi da Palazzo Chigi. Anche quelli che non hanno mai odiato Berlusconi hanno deciso che si doveva fare per evitare il collasso».

E chi erano i congiurati?

«Il presidente della Repubblica italiana, alcuni senatori italiani, poi Sarkozy e Merkel che picconavano da fuori per ridurre l'autorevolezza di Berlusconi e spingerlo a mollare».

Gli Stati Uniti, con la loro Nsa che intanto ascoltava tutto, era parte di questa congiura, come la chiama lei?

«No, Washington ha preso una posizione molto netta: noi non faremo interferenze sul governo dell'Italia perché sarebbe un'azione antidemocratica e gli Stati Uniti si rifiutano di partecipare».

C'erano pressioni perché gli Usa si schierassero per le dimissioni di Berlusconi?

«Certamente, tutti andavano da Tim Geithner (segretario al Tesoro dell'amministrazione Obama, ndr) a chiedergli di fare delle dichiarazioni pubbliche per indebolire la posizione del primo ministro italiano. Ma la Casa Bianca ha scelto di non intervenire. Fu una congiura benevola».

Una congiura benevola.

«Come quando ci si mette d'accordo tra famigliari di un malato di cancro, per non dirgli niente della sua malattia. Si fa una congiura nei suoi confronti, ma la finalità è il suo bene. Così anche la congiura del 2011 aveva un obiettivo positivo, perciò io stesso mi sono attivato e ne ho fatto parte. L'Italia era a rischio collasso, con 1.900 miliardi di debito pubblico che non era più in grado di finanziare. Un default dell'Italia avrebbe portato al crollo del sistema bancario europeo, poi un collasso delle economie reali, una catastrofe. L'unica strada era rimuovere un governo che non si era dimostrato capace di fare le riforme fiscali necessarie per abbattere il debito».

La sua parte nella congiura quale fu?

«Chiamai tutti i miei amici in Italia pregandoli di fare pressione sui parlamentari di loro conoscenza per togliere la fiducia al governo Berlusconi.

E lo dico non da antiberlusconiano, anzi ho avuto simpatia per le sue idee liberali, ma in quel momento era l'unica cosa da fare per salvare l'Italia. Poi quello che è successo dopo è stata una enorme delusione, con Monti che ha preferito le proprie ambizioni presidenziali alle riforme».

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