Pensioni, panico Renzi. Costringe i peones a metterci la faccia

La voragine nei conti non consentirà al premier nuove promesse elettorali. Così ha mandato ex montiani ed ex bersaniani a spiegare il pasticcio

Pensioni, panico Renzi. Costringe i peones a metterci la faccia

Non è che poi a fare le pentole ci si possa sempre ricordare dei coperchi. Così che oggi schizzano dal pentolone di Matteo Renzi effluvi e sbotti di vapore che neanche l'Apprendista Stregone. Pare essersi ridestata su Palazzo Chigi la Grande anima del Gufo, tanto è lo sconcerto del premier e del suo staff di fronte ai bollori che scottano in questa campagna elettorale.

Per il segretario del Pd si tratta del più alto grado di emergenza, quella scattata all'indomani della pronuncia della Consulta sui rimborsi ai pensionati. L'imprevisto rovescio che porterà le casse dello Stato a dover considerare un salasso da circa 16 miliardi, anche se gli uffici del ministro Padoan non disperano di contenere in 5-6. Buco che non consentirà altre regalie o promesse da campagna elettorale, come quelle fatte da Renzi ai precari. E questo è decisamente l'aspetto più seccante per Palazzo Chigi, ieri impegnato su vari fronti per distogliere l'attenzione, affibbiare la pratica ai tecnici dell'Economia, farla degradare d'interesse su Tv e giornali. Così, mentre al Senato si suonava la carica sullo stop ai vitalizi dei politici condannati, mentre la ministro Boschi lanciava l'ennesimo ballon d'essai sul conflitto d'interessi, ecco comparire di buon mattino sugli schermi ancora il sottosegretario Enrico Zanetti (già l'altroieri spedito a metterci la faccia, in quanto ex montiano). Il quale confermava sostanzialmente tre cose: che il governo non rimborserà le pensioni a tutti («irrealistico e ingiusto, sarebbe una follia, sarebbe immorale»); che lo si può fare con un provvedimento «coerente e compatibile» con la sentenza della Consulta (lo chiariva anche l'altro sottosegretario mandato in espiazione alla radio, l'ex bersaniana Paola De Micheli); che «i soldi si troveranno giocando sul deficit». Già che c'era, Zanetti non ha resistito a prestare abiura totale nei confronti di chi ce l'ha portato, cioè Monti. «Sulle pensioni, in un momento infame, con un provvedimento che ha avuto purtroppo profili altrettanto infami, sono stati chiesti sacrifici molto forti a tutti», ha detto. Magari non sarà stato lo stesso Renzi a pretenderlo, ma la chiara logica del premier è: avete combinato voi il pasticcio, voi lo spiegate agli italiani, io non c'entro.

Purtroppo, però, lo zampino del premier non poteva restare a lungo inosservato. Anche perché nelle stesse ore di una convulsa mattinata arrivava dalla Consulta una nota del presidente Criscuolo che chiariva come le norme varate dal governo Monti cessino d'efficacia dal giorno successivo a quello della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale . «Da quel momento, gli interessati possono adottare le iniziative che reputano necessarie e gli organi politici, ove lo ritengano, possono adottare i provvedimenti del caso nelle forme costituzionali». Dunque, una legge del governo che cambi le norme e riduca l'effetto della sentenza è più che possibile. Certa, a sentire Zanetti, che già individua nel tetto di 5mila euro il limite ai rimborsi. Fughe in avanti che costano al sottosegretario critiche da destra e sinistra. Susanna Camusso, leader Cgil, durissima ricorda che «bisogna ogni tanto ripartire dai fondamentali: le sentenze della Corte si applicano. Una volta applicate, si può discutere sul tema delle risorse». Dello stesso avviso Cesare Damiano, presidente della commissione Lavoro della Camera.

E forse lo sarà persino Renzi, quando avrà finito di fiutare il vento elettorale e potrà annunciare che ha trovato i soldi. Denari sottratti ai pensionati italiani, ma anche un po' a Lui. Che già pregustava come prometterli. A vanvera, ça va sans dire.

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