Il congresso dell'Udc era un congresso di grande suspence perché non si sapeva quello che Follini avrebbe dichiarato. La relazione è stata tutta centrata su ciò che è proprio dell'Udc, sino a fare dell'aumento del numero delle badanti il primo titolo di benevolenza del governo Berlusconi. E così ha puntualmente rimarcato tutti i punti di differenza nel futuro del governo: dalla revisione della par condicio a quello della legge elettorale, riducendo la sua esposizione all'esame delle differenze e non fornendo una motivazione di ciò che ha costituito l'esperienza del governo di centro destra. In qualche modo Follini ha tentato di distinguere ciò che si è chiamato berlusconismo, cioè una grande riforma delle istituzioni e dello Stato sociale, da una linea del centro destra motivato soprattutto come differenza dal centro sinistra. È infine la logica che ha condotto l'Udc a imporre la crisi di governo per rimarcare la discontinuità tra i primi quattro anni del governo Berlusconi e ciò che nasceva dopo la sconfitta delle elezioni regionali e di quelle successive.
Non è esistita nella esposizione del segretario una assunzione in proprio dell'operato del governo ma piuttosto la marcata accentuazione dei punti di differenza. Due sono quelli più significativi. Il primo è la richiesta del proporzionale, cioè la fine del maggioritario e del bipolarismo. In realtà questo vorrebbe dire la decomposizione dei Poli e il convergere di un unico partito dei democratici cristiani sparsi nei due schieramenti. Non sarebbe la ricostruzione della Dc, perché mancherebbe quell'unità dei cattolici che costituiva il supporto ecclesiastico del partito. Ma ci si può ancora oggi domandare quando sarebbe finita la Dc se la disciplina ecclesiastica come supporto della unità politica fosse venuta meno prima della grande esplosione autonoma della Democrazia Cristiana dal '92 al '94 per motivi interni al partito stesso. In realtà, l'unità democristiana non è mai esistita per motivi endogeni alla Dc, i democristiani sono sempre stati uniti dal reciproco conflitto che solo la sicurezza del voto cattolico poteva ricomporre a unità. Ma chiedere oggi la proporzionale vuol dire pensare che il vero alleato dell'Udc è la Margherita, e soprattutto l'Udeur.
In ogni caso la richiesta indica che i democristiani guardano a una decomposizione del bipolarismo e a un centro sinistra che possa riunirli ai riformisti del Ds nel ripristino di una alleanza storica. Dieci anni di storia italiana vanno cancellati, il bipolarismo li riassume, Berlusconi, che ha trasformato il maggioritario in bipolarismo, è infine l'espressione del sistema che alla Dc ripugna perché le toglie quella figura della mediazione a ogni costo e su ogni tema che fu la sua caratteristica e che forse non a caso coincise con il lungo regno di Giovanni Battista Montini, dalla segreteria di Stato al Pontificato.
Chiedere la proporzionale è urtare frontalmente la sinistra, che sul maggioritario ha costruito tutte le sue fortune politiche. Sicché Follini ci pare prigioniero a un tempo di un sogno impossibile e di un reale impraticabile.
Infine malevola e puramente polemica è l'altra richiesta che Follini fa come condizione del partito unitario, cioè le primarie; come se non sapesse che è solo la potente organizzazione dei Ds l'unica forza che rende possibile questa pratica insostenibile, al di fuori di ogni controllo pubblico.
Le due richieste fondamentali di Follini sono ambedue fuori: l'una della possibilità della politica italiana l'altra delle facoltà di cui dispone il centro destra. Ma con queste due richieste impossibili Follini manda all'aria due richieste possibili di Berlusconi: la riforma della legge elettorale e il partito unitario.
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