I prodotti che utilizziamo per l'igiene personale sono l'equivalente di un tir per schiacciare una mosca. Troppo violenti. Tanto che la Food and Drugs administration americana è arrivata a imporre uno stop alla vendita dei saponi contenenti una ventina di sostanze specifiche. Tra queste ci sono il triclosano, un antibatterico consentito solo a una concentrazione massima dello 0,3% (e ancor meno se inserito nei colluttori), il triclocarbano, l'esaclorofene, il metilbenzetonio cloruro e diverse tinture a base di iodio.
Il motivo del veto? Se utilizzate in eccesso, queste sostanze possono alterare l'equilibrio microbiotico naturale della pelle, uccidendo i batteri buoni e consentendo l'ingresso di quelli cattivi (funghi e virus). E poi esagerare con i saponi aggressivi può distruggere quella patina naturale della pelle sia riducendo le capacità idratanti sia quelle protettive.
Altrettanto pericolosi alcuni detersivi per la casa che celano alti livelli di tossicità sotto fragranze al gelsomino o al pino silvestre: la società statunitense Ewg ha stilato la classifica dei detersivi più dannosi che possono provocare asma, intolleranze, cecità e perfino contribuire alla formazione di un tumore. Di contro vengono consigliati prodotti naturali, ecologici, meno aggressivi ed altrettanto efficaci.
C'è una malattia legata ai prodotti chimici che utilizziamo in casa: si tratta della sindrome da sensibilità chimica multipla (Mcs). La chiamano la «malattia fantasma» ma in realtà è un disturbo cronico di cui pare soffrano 300mila persone in Italia. Pazienti che hanno un livello di tolleranza a certi reagenti più basso rispetto alla maggior parte. Tuttavia non è semplice formulare una diagnosi e il mondo della medicina è ancora molto diviso sull'origine e la terapia per questa sindrome. Anche perché i sintomi (tachicardia, nausea, vertigini, ansia) sembrano legati più a una condizione di suscettibilità individuale piuttosto che alla tossicità delle sostanze. Altre ipotesi ritengono che la sindrome sia esclusivamente di natura psicosomatica.
Alcuni autori avanzano dubbi sulla reale esistenza di questa malattia come entità patologica a se stante.
Fatto sta che la sindrome, classificata tra le malattie rare, sia difficile da riconoscere. E quando un paziente in preda ai sintomi si rivolge a una struttura pubblica per ottenere una diagnosi è facile si veda indirizzare a uno studio psichiatrico.
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