Michelangelo, ecco l'arte e la gloria di un maestro

Michelangelo, ecco l'arte e la gloria di un maestro

Nelle stanze dell'intelletto ci leva le bende dagli occhi, le mani opache di polvere di marmo. E libera la materia da ciò che la opprime, lui eternamente moderno e perciò capace di arrivare a noi, oltre la sua arte divina. È Michelangelo Buonarroti, sommo artista dell'inquietudine che ora palpita nel cineracconto Michelangelo infinito, regia di Emanuele Imbucci, per una produzione originale Sky con Magnitudo Film: in sala dal 27 per sette giorni, con Lucky Red. Se il cinema langue e il pubblico respinge i mediocri prodotti italiani, scocca l'ora d'un nuovo genere, tra film e documento, fiction e cultura alta, dove l'esperienza cognitiva va di pari passo con l'emozione della scoperta. In questo biopic michelangiolesco, narrato dai bastioni culturali dei Musei Vaticani e di Vatican Media, con la consulenza scientifica del professor Vincenzo Farinella, Enrico Lo Verso si misura con lo scultore del Mosè, mentre Ivano Marescotti impersona, da par suo, il primo storico dell'arte italiano, il pittore e architetto Giorgio Vasari, uso a presentare, nelle Vite, «il meglio del buono e l'ottimo del migliore».

L'impatto con la vita di Michelangelo, tra cave di marmo carraresi e invidie romane; lotte con lo scalpello e committenze papali angustianti, ma anche geniali astuzie da venditore di sé (come quando il Maestro contrattò sui ducati dovuti da Angelo Doni), si rivela subito coinvolgente. Anche per via di eccellenze nostrane qui riunite: costumi di Maurizio Millenotti e fotografia di Maurizio Calvesi supportano i due «limbi» dove agiscono Michelangelo e Vasari. Il primo rievoca i suoi tormenti in una cava di marmo; il secondo ricorda Michelangelo in un teatro anatomico di legno, quasi una biblioteca.

Gli snodi del racconto, tra monologhi teatrali asciutti e flashback sul giovane Buonarroti ai Giardini di San Marco o sull'artista, anziano, sotto alle volte del Giudizio Universale, immergono lo spettatore in un'inedita dimensione storico-artistica. «Importare il racconto nella finzione narrativa: è una nuova sfida», spiega Cosetta Lagani, autrice del soggetto e direttore artistico del film. «Mi sentivo inadeguato al personaggio», rivela Lo Verso.

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