Controcorrente

«Ai genitori insegniamo la terapia delle carezze per aiutare i loro figli»

Gli psicologi della clinica De Marchi curano ragazzi (e famiglie) con cani e massaggi

Il più piccolo aveva appena 8 anni, quarta elementare. Il più grande quasi maggiorenne. Sono arrivati all'ambulatorio di Terapia del dolore della clinica pediatrica De Marchi del Policlinico di Milano come arrivano tanti altri ragazzi. Con uno strano male alla pancia e alla testa. Un dolore sordo e continuo che preoccupa i genitori. Solo che per sei ragazzi quel dolore nascondeva qualcosa di ben diverso. Come passi la tua giornata? quanto dormi? a scuola come va? Il quadro è stato subito chiaro. «Quei ragazzi erano Hikikomori», racconta Cristiano Gandini responsabile dell'Ambulatorio di medicina integrata del dolore pediatrico, l'unico presente nell'area milanese.

Nato per accogliere pazienti cronici e gravemente disabili, nel tempo è diventato punto di riferimento anche per chi presenta sintomi di disagio giovanile e tra questi, adesso anche la tendenza all'isolamento sociale. L'ambulatorio è formato da un'équipe multidisciplinare composta da medici, psicologi, fisioterapisti, umanisti, esperti del linguaggio e del web. E anche dai cani usati per la pet therapy. Al loro fianco lavora la Fondazione presieduta da Francesco Landola che proprio pochi giorni fa ha dato vita a un evento GiocaMi per parlare di Hikokomori e fare capire quanto sia importante comunicare. «Con la Fondazione stiamo facendo un lavoro nelle scuole perché il fenomeno del bullismo porta all'isolamento», spiega Gandini. Il team della De Marchi ha diagnosticato e preso in cura i sei ragazzi, uno è ancora in terapia. Non ci sono ricette, né «medicine» risolutrici. Non sono psicologi. Viaggiano al contrario.

«Ripartiamo dal corpo. Come impara un bambino a stare al mondo? Con il suo corpo, poi crescendo lo diamo per scontato e pensiamo che ci serva solo a portare in giro il cervello. Il loro problema è la relazione? Bisogna ripartire da lì. La prima vera relazione è con se stessi», spiega Gandini. Come? Ad esempio hanno insegnato a mamme e papà a fare i massaggi. «Rimettiamo in connessione figli e genitori senza le parole, perché il fisico è estremamente sincero. Oggi le persone si toccano troppo poco. Quello che cerco di fare è reinterpretare la carezza attraverso il massaggio. Quando in famiglia c'è una fragilità come questa, bisogna tornare indietro. Si sono perse le capacità sociali? Bisogna ripartire, come quando era piccolo». Quindi anche con i cani e il loro affetto disinteressato. E ricominciare a fare i primi passi fuori casa.

SCop

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