Economia

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da Milano

I titoli olimpici scaldano i muscoli. Adidas, Coca Cola, Johnson&Johnson, McDonald’s, Panasonic, Kodak, Lenovo, Omega, General Electric, Samsung e Visa sono ai blocchi di partenza. L’importante sarà partecipare e piazzare ovunque il proprio simbolo. Sulla maglietta del campione mondiale, sulle scarpe, sul pallone di gioco, la mazza da golf, il tabellone del punteggio, le divise di arbitri e persino su quelle dei volontari. Gli occhi di tutto il mondo saranno puntati su quelle immagini e soprattutto quelli di un miliardo di cinesi.
Pechino 2008 è la prima manifestazione internazionale che si svolgerà nel Paese della grande Muraglia in pieno boom economico. Un terreno di conquista per tutte le maggiori multinazionali. La guerra è già scoppiata e il primo vincitore è stato il gruppo di abbigliamento sportivo tedesco Adidas, che è riuscito a sfilare il contratto di sponsor ufficiale all’americana Nike, mettendo sul piatto 200 milioni di dollari. Le tre striscette con tanto di scritta del gruppo tedesco saranno ricamate sulle maglie della nazionale cinese, il comitato olimpico, gli arbitri e i volontari.
L’investimento potrà sembrare alto ma la strategia paga. Grazie alle Olimpiadi Adidas si attende di chiudere l’anno con utili in crescita del 15% a 551 milioni. Un bilancio da campioni e il mercato lo sa bene. Nel 2004, l’anno delle Olimpiadi ad Atene, Adidas in Borsa ha messo a segno performance da record: il titolo ha guadagnato il 31% mentre l’indice delle maggiori società europee era salito del 9,4%.
Ma non vantano lo stesso palmares gli altri sponsor di Atene. Nel 2004 Coca Cola in Borsa ha perso il 18% mentre il principale indice americano, l’S&P500, guadagnava il 9%. Quell’anno è andata meglio a chi ha investito su un altro sponsor olimpico: Kodak, azienda Usa specializzata in pellicole e fotocamere digitali, nel 2004 in Borsa ha guadagnato il 25%. Male invece per Samsung rimasta invariata.
«Non mi giocherei la formazione del mio portafoglio sulle Olimpiadi. I titoli interessati in Borsa si muovono di più seguendo altre variabili macroeconomiche quali i consumi e l’inflazione», spiega Lucia Pettini, gestore di Soprarno. E non è l’unica a pensarla allo stesso modo. Niccolò Pini, gestore di Ifigest, pur ammettendo che in passato ci sono state delle correlazioni tra andamento in Borsa degli sponsor e Olimpiadi, prova a spiegare: «Seguendo questo ragionamento anche Rcs che pubblica La Gazzeta dello Sport e Recoletos, i primi quotidiani sportivi rispettivamente in Italia e Spagna, con gli Europei sarebbe dovuta volare in Borsa ma non è stato così. Ci sono altre variabili macroeconomiche che hanno effetti maggiori sull’andamento dei titoli».
«E’ un investimento di lungo periodo – aggiunge Giulio Baresani Varini, gestore di Banca MB – le aziende investono per globalizzare il marchio, mentre la Borsa spesso ragiona con logiche di più breve periodo». Tutti e tre i gestori concordano che la correlazione maggiori tra Olimpiadi e sponsor è più forte con le società di abbigliamento, un po’ meno con quelle tecnologiche come Panasonic, Samsung, la francese Athos Origin (servizi informatici).
A tifare per Adidas in Borsa c’è anche Goldman Sachs. In un report la banca d’affari scrive di attendersi «una crescita superiore del 10% nelle vendite di abbigliamento di marchi internazionali, grazie soprattutto ai mercati emergenti come la Cina».

A scommettere su Giochi ed Europei è anche Crédit Suisse che consiglia di acquistare Adidas, Coca-Cola, McDonald's, Nike, Puma e Under Armour che «nel lungo periodo, otterranno in Borsa benefici significativi dalla sponsorizzazione di questi due importanti eventi sportivi».

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