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Amanda: "Volevano un nome a tutti i costi"

Amanda Knox in aula ricostruisce la notte tra il 5 e il 6 novembre 2007, quando fu uccisa Meredith Kercher: "I poliziotti volevano un nome e dicevano che io non volevo parlare". Pressioni e scapellotti nell'interrogatorio

Amanda: "Volevano un nome a tutti i costi"

Perugia - Torna in aula e si difende, Amanda Knox. E' accusata dell'omicidio della sua coinquilina, la studentessa inglese Meredith Kercher, uccisa nel novembre 2007. Ma la ragazza americana ribadisce la propria innocenza e, per spiegare le contraddizioni in cui è caduta più di una volta, ricostruisce le fasi concitate dell'interrogatorio subito dagli inquirenti: "Loro volevano un nome e dicevano che io sapevo ma non volevo parlare. Non mi hanno detto che era stato lui (Patrick Lumumba, ndr) ma dicevano che sapevano che lo avevo incontrato. Continuavano a ripetermi che, o non volevo parlare perchè ero una stupida bugiarda, o perché non ricordavo.

"Feci il nome di Patrick e piansi" "Quindi ho fatto il nome di Patrick, ho iniziato a piangere e a immaginare un tipo di scena, con immagini che non concordavano ma che forse avrebbero potuto spiegare la situazione: immaginai la faccia di Patrick, Piazza Grimana, la mia casa, una cosa verde che loro mi hanno detto poteva essere il divano. Allora loro hanno cominciato a ricostruire". La Knox torna a ricostruire ancora una volta in aula la notte tra il cinque e il sei novembre 2007, la stessa in cui venne interrogata dai poliziotti in questura e indicò Patrick Lumumba come l’autore dell’omicidio di Meredith.

Amanda ricorda l'interrogatorio È una Amanda che appare un po' più nervosa rispetto a venerdì che ha risposto alle domande del pubblico ministero Giuliano Mignini. Il pm ha chiesto alla studentessa di Seattle di ricostruire passo dopo passo le fasi dell’interrogatorio in questura: da chi e come le sarebbe stato suggerito il nome di Patrick e chi le avrebbe fatto pressioni o picchiata. Amanda ha ricordato che il nome di Patrick venne fuori una volta trovato sul telefono cellulare della ragazza l’sms inviato all’allora datore di lavoro. "Mi chiedevano di ricordare gli orari di quello che avevo fatto la sera del primo novembre - ha ricordato Amanda -. Poi c’è stato un crescendo del dibattimento. Mi dicevano che non erano convinti di me perchè riuscivo a ricordare alcune cose e non altre. "Se non stai dicendo la verità andremo davanti a un giudice e finirai in carcere per 30 anni perchè sei una bugiarda mi dicevano. Ricordo l’interprete vicino a me che continuava a ripetermi: forse non ricordi, forse non ricordi...".

Pressioni e scapellotti La Knox ha quindi ricordato che la persona che conduceva l’interrogatorio in questura la sera del 5 novembre era una poliziotta con i capelli lunghi e scuri e che un uomo le metteva il telefonino davanti alla faccia dicendole "Guarda! Guarda! Chi proteggevi!". "C’erano altri poliziotti dietro di me - ha proseguito - non ho visto all’inizio chi mi aveva dato gli scappellotti, poi mi sono girata e ho visto che era sempre la poliziotta con i capelli scuri". Amanda ha riferito in aula che la polizia era "presa da questo messaggio trovato sul cellulare". "Loro dicevano che avevo incontrato una persona - ha proseguito -. Poi mi hanno mostrato il messaggio e mi hanno detto: sei sicura di non aver incontrato proprio questa persona? Avevo così paura ed ero così impressionata che a un certo punto ho detto: cavolo forse hanno ragione loro, forse ho dimenticato".

"Choccata da morte di Mez" "Ricordo Meredith, ma sto anche pensando di andare avanti con la mia vita": Amanda l'ha detto rispondendo a una domanda dell’avvocato Maresca, legale di parte civile per la famiglia Kercher. La giovane americana si è detta choccatissima per la morte di Mez. "Mi dispiace tantissimo - ha detto ancora Amanda riferendosi alla morte di Meredith - ma non so cosa pensare di questa cosa". Quando Maresca le ha chiesto di spiegare gli atteggiamenti tenuti in questura prima degli interrogatori, quando venne notata a fare la ruota, la Knox ha spiegato: "Ciascuno affronta la tragedia a modo suo. Sono abituata a cercare la normalità - ha aggiunto - nelle situazioni di difficoltà. È un modo per sentirmi sicura. Lo so che appaio spensierata, ma sono così".

Lunga l'agonia di Meredith La ragazza americana chiarisce alcune dichiarazioni fatte alle sue coinquiline prima di essere interrogate sulla morte di Mez. Amanda, come riferirono alcune amiche, parlò "di una morte molto lenta e dolorosa per Mez". Una frase che lasciava presagire che sapesse di più di quella tragica notte. "Le ragazze speravano che almento Meredith fosse morta in fretta. Io, ancora sorpresa per la brutalità dell’omicidio e per come era avvenuto, immaginai l’esatto contrario. E per questo dissi che la sua morte era stata lunga. Una cosa terribile". Amanda, poi su una domanda dell’avvocato Giulia Bongiorno, chiarisce che il tappetino del bagno - preso come prova dell’accusa per alcune tracce che riguardano gli indagati - era stato usato da lei quando si era recata a casa per fare la doccia. "Uscita dalla doccia, essendo a piedi nudi, ho saltellato e trascinato per un po' il tappetino.

Non riuscendoci ho proseguito per la mia camera".

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