Cultura e Spettacoli

"Ancora insieme, ma solo a teatro"

Intervista a Gabriele Lavia e Monica Guerritore. L’ex coppia si riunisce per "Danza di morte" di Strindberg che debutta il 25 marzo a Modena Lui: "Per fortuna l’amore non sempre diventa odio". Lei: "In scena c’è la sintesi delle nostre vite"

"Ancora insieme, ma solo a teatro"

Lui da perfetto gentleman, dopo la prova, le tende la mano scortandola regalmente in platea e lei lo ricambia con un sorriso raccomandandogli di non affaticarsi troppo. Tanto che, vedendoli insieme uno accanto all’altro, l’impressione che se ne ricava è quella di due fidanzatini fuggiti dalle pagine di Peynet per scambiarsi tenerezze sul Lungo Senna. Mentre, come sappiamo, la realtà è ben diversa. Dato che il signore e la signora in questione sono Gabriele Lavia e Monica Guerritore, cioè la coppia di ex coniugi più chiacchierata del teatro italiano da quando, una decina d’anni fa, si separarono tra sussurri e grida.

Stupisce infatti trovarli riuniti in Danza di morte (con debutto a Modena il 25 marzo), il ferocissimo dramma di Strindberg che non prevede, per i protagonisti, altra soluzione che l’odio, la rivalsa, il terrore. In pratica con i sentimenti che hanno vissuto nella loro tormentatissima vicenda di coppia. Inevitabile la domanda: come mai avete scelto un titolo simile per ricomporre in scena il vostro famoso duetto? Risponde Lavia: «Io e Monica abbiamo già vissuto sul palcoscenico una situazione simile. Si ricorda Scene da un matrimonio, lo splendido film di Bergman? Che solo a noi, unici in Italia, concesse i diritti teatrali dello script?». Incalza Guerritore: «Il testo del grande Ingmar era la trascrizione moderna di Danza di morte. Fedele a Strindberg in modo tale da averci costretto, allora, a cercare le analogie che affioravano dall’uno all’altro copione. Era quindi fatale che prima o poi dovessimo completare questo serial ante litteram».

Un dramma come questo dove due coniugi che, pur odiandosi, non riescono a lasciarsi sembra ricalcato sul vostro rapporto di coppia. Vero o falso?
Lavia: «Falsissimo. Non sempre, per fortuna, l’amore diventa odio. Anzi, l’evoluzione di questo sentimento insegna a due artisti come noi insegna l’importanza e il valore di un’analisi a posteriori, evitando ad entrambi di ricadere nell’errore come nell’assunzione di colpa». Guerritore: «Nel nostro caso l’amore si è tramutato in un affetto sincero e in un gran desiderio di rimetterci in discussione sul palcoscenico. L’unico luogo che permette un’assunzione di responsabilità nei confronti uno dell’altro: una sintesi di ciò che si è vissuto ieri e che ci aspetta domani».

Lavorerete ancora insieme dopo Danza di morte?
L: «È prematuro parlarne. Al di là di un progetto che non abbiamo mai abbandonato: la felicità delle nostre figlie. Che per fortuna finora non sembrano interessate al teatro».
G:«Non ne sarei così sicura. Io non ci giurerei. Anche se hanno la prima ventidue e la seconda diciott’anni non le ho ancora sentite esprimere una volontà precisa sul loro futuro».

È vero che il cinema non vi attrae più come un tempo?
L: «Smentisco recisamente. Infatti a fine stagione comincio subito le riprese del Tailleur grigio, un film molto particolare tratto da un romanzo di Camilleri. Una storia d’amore tra un uomo di mezza età e una bellissima fanciulla che per lui incarna lo spirito della morte. Ovviamente un ruolo che non compete a Monica, vitale ed entusiasta com’è».
G: «Ah sì, questo non lo sapevo! Dimmi come fai a dire una cosa simile proprio a me che incarno Santa Monica nel Sant’Agostino appena andato in onda su Raiuno? Un dottore della Chiesa che combatteva ogni giorno con la morte per il trionfo della verità nella vita».
L: «Tu non conosci il libro di Camilleri che, per certi aspetti, ricorda L’inganno, il bellissimo racconto di Thomas Mann in cui una donna crede di aver scoperto l’elisir dell’eterna giovinezza alle soglie del morbo che metterà fine ai suoi giorni».

Ci parli allora di questo film.
L: «La mia protagonista è talmente posseduta dall’idea della fine da considerarsi trapassata tra i trapassati. Ciò che Monica non è né sarà mai».
G: «Però in Danza di morte compio un percorso analogo a quello compiuto dalla tua misteriosa signora in grigio. Del resto i nostri due personaggi si trovano dall’inizio alla fine su una spiaggia in mezzo ai detriti della loro vita».

C’è anche il pianoforte che spunta tra le dune e i bauli che affiorano dalla sabbia...
L: «Ma io parlo della rovina della loro ipotesi coniugale che non ha nulla a che fare con un’unione come la nostra».
G: «Eppure di dolore, lacrime e grida è stato costellato anche il nostro cammino».

Se è lecito, come lo giudicate oggi?
L: «Oggi ha raggiunto la quiete. Ovvero la sintesi pacificante dell’amicizia, della comprensione e dell’affetto dopo la burrasca».
G: «È ciò che racconto nella Forza del cuore, la mia autobiografia che esce adesso da Mondadori. Che narra parola per parola la crisi che abbiamo dapprima subìto e poi superato prima di fondare, su altre basi, una nuova famiglia, basata sulla comprensione dei nuovi legami e dei nuovi affetti.

Che ricorda, per molti versi, la bellissima intesa che informava i rapporti tra Monica ed Agostino, non una madre e un figlio ma due sodali che, cercando se stessi, trovarono un giorno la fede».

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