Peppino Orlando Il 18 aprile 1901 nasceva a Genova Angelo Costa e la città non ha nei suoi confronti vuoti di mente e di cuore tra i grandi e gli umili genovesi. Le opere seguono gli uomini e il tempo è un fuoco inesorabile che prova la fecondità del pensiero e della vita. La nebbia della disattenzione invece copre soltanto gli strati di mediocrità della mezza cultura servile e burocratica.Le idee e le opere di Angelo Costa sono ormai patrimonio indiscusso della cultura economica occidentale e i suoi giudizi sulla situazione italiana, stampati in 8 volumi editi dalla Confindustria, sono da tempo materia viva del dibattito economico, politico ed ecclesiale. Tanto che Massimo Baldini ha recentemente inserito tra i classici del pensiero liberale dell'editore Armando, un lavoro antologico da lui condotto per temi. Non è facile sintetizzare il suo pensiero, sempre aderente al rapporto tra principi e realtà, fuori dalla paranoia ideologica. Ma molti dei problemi oggi aperti risalgono al modo di essere della ricostruzione del dopoguerra avvenuta stretta e feconda collaborazione tra imprenditori, da lui diretti Alcide De Gasperi, Einaudi e Di Vittorio. Si trattò di affermare i principi liberali e solidali dentro il persistente fascio-sfascio di industria statale e corporazioni, nel quadro costituzionale di compromesso tra le varie tradizioni dei comitati di liberazione. Ma la miracolosa e virtuosa rinascita italiana dovette subire dopo De Gasperi l'assalto preponderante della componente statalista della sinistra stalinista alleata al dirigismo IRI di Fanfani, fatuamente nobilitato dal l'enfasi pauperista di La Pira e dall'utopismo integralista di Dossetti. Ampia e drammatica rimane la documentazione della lotta che Angelo Costa condusse contro gli esiti disastrosi, i privilegi, i vincoli all'impresa, la corruzione del sistema politico a cui quel blocco corporativo privilegiato sottoponeva lo sviluppo economico e morale italiano.Come come ancora paventa il Financial Times per i suoi epigoni virtuali. Oggi tutti sembrano vedere i danni dell'assitenzialismo e dello statalismo fazioso, ma allora nella lotta contro i mali da cui non siamo ancora guariti il gigante teorico solitario fu lui e pochi altri con lui. Forti componenti confindustriali, preferirono di fatto i privilegi e le tutele statali e gli accordi con le burocrazie e i managers lottizzati configurando una concorrenza sleale con le imprese di rischio e i piccoli e medi imprenditori. Si ricostrui anche il blocco intellettuale dei littoriali dell'Iri nell'università, nei giornali, tra i teologi conciliari. Le migliaia di pagine degli 8 volumi segnano con nomi e date dibattiti, richiami e responsabilità, che oggi ci stanno davanti nella loro fragile mediocrità e miseria. Perciò ancor brillano i suoi principi, l'importanza di una fede essenziale non clericale, il valore morale ed economico della famiglia naturale ed armonica. In particolare nella corrispondenza con responsabili della chiesa si nota la sua laicità cristiana, aliena dalle mistificazioni del «sinistrismo pauperista» che nega il lavoro e la produzione della ricchezza insieme alla libertà e la dignità dei lavoratori veri. Egli sapeva discutere con Di Vittorio ma si scontrava con La Pira e gli imprenditori delle corsie preferenziali senza rischio. E devo oggi testimoniare il carattere liberale e solidale della sua visione io che ero suo genero e in città responsabile cultura e propaganda del Pci di Enrico Berlinguer . Perché solo oggi, chiederà il lettore? Perché il compromesso storico solo per alcuni di noi, poi emarginati e sconfitti, era un possibile incontro delle forze sane e progressive della cultura e della società italiana. E soprattutto perché contro questa alleanza di produttori, operai, artigiani, contadini e imprenditori di rischio si aggregò anche allora il vecchio blocco finanziario - assistenziale - manageriale - mediatico che oggi si presenta come Unione, sintesi degli opposti. Questa vorrebbe governare con un premio di maggioranza dovuto a una lista fasulla dal nome di Lega! Ed è bloccata dal voto popolare e ancor più dalla e sue contraddizioni. E dalla insanabile e comprovata mediocrità del suo temporaneo prestanome.
Di fronte a tanta improntitudine e miseria sono stato spinto a ricordare a Genova il liberalismo solidale e popolare di Angelo Costa che rimane la via strutturalmente (non ipocritamente) onesta e ed efficace per creare e distribuire ricchezza di beni e di valori morali e spirituali. Peppino OrlandoAngelo Costa, primo paladino del liberalismo solidale e popolare
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