Politica

Anna Serafini in Fassino la parlamentare Ds più uguale delle altre

Anna Serafini in Fassino la parlamentare  Ds più uguale delle altre

Nulla illustra meglio la giustezza dell'espressione veneta «peggio il tacòn del buso» che il matrimonio della senatrice ds Anna Serafini col segretario ds, Piero Fassino. Quando sposò Piero nel '92, Anna - che aveva già 39 anni - colmò un naturale bisogno di tenerezza unendosi all'indiscusso gigante della politica italiana: 1,92 senza scarpe. Ma nel medesimo istante in cui colmava il vuoto sentimentale (il buco) smarrì la propria identità diventando la moglie di un uomo, Piero (la toppa), destinato a essere sempre più famoso fino a cancellarla (il peggio). Da allora, e sono trascorsi 15 anni, Anna è alla continua ricerca di riscossa e di autoaffermazione.
«Ahimè - dice a chiunque la stia a sentire - ho avuto solo svantaggi dal fatto di essere la moglie di Fassino. Sono regredita nella carriera, ho pagato un prezzo alto». Commossa di sé, aggiunge: «Ero in politica già da lustri prima di sposarmi. Presiedevo cinquanta parlamentari Pci-Pds. Ero nel Direttivo, quando Piero era semplice funzionario». Si tampona una lacrima e prosegue: «Sono additata come la “moglie di”, ma si dimentica chi sono io, cosa ho fatto, le leggi che ho promosso». Qui comincia a elencare le sue imprese: a 20 anni raccoglieva firme per il referendum sul divorzio; poco dopo era responsabile delle donne comuniste della Provincia di Siena; negli stessi giorni fu immessa nella Segreteria del Pci locale; nel 1987, a 34 anni, era già deputato, poi è stata riconfermata tre volte, poi ha avuto il maggior numero di voti del suo collegio, poi ha fatto una legge contro i pedofili, poi ha impostato la politica sull'infanzia del partito. Poi, i poi si accavallano, finché la voce si incrina e Anna tace esausta.
Il bello, si fa per dire, è che mentre lei si macera per i danni collaterali del suo felice matrimonio, il grosso dei diessini la considera una privilegiata e la detesta. Dicono che fa carriera grazie al marito, che lui la sta a sentire in tutto, che la favorisce scandalosamente. Perciò la chiamano Zarina, come Nilde Iotti che era la compagna del segretario Togliatti. A infierire sono in particolare le altre donne d'acciaio dei Ds, Livia Turco, Angela Finocchiaro, Giovanna Melandri e virago così.
Da un anno, i ferri sono diventati ancora più corti. Ossia da quando Anna è stata candidata per la quinta volta ed è diventata senatrice nell'attuale legislatura, la XV. L'austero Statuto ds esclude infatti la ricandidatura dopo due mandati parlamentari. Poiché Anna era già stata deputato per quattro legislature, la X, XI, XII, XIII, il limite era largamente superato. Ma lei senza seggio deperiva. Il marito soffriva nel vederla avvizzire. Le amiche erano preoccupate per lei. Così si è trovato un escamotage, detto «Lodo Serafini», per rimetterla in gioco. La Commissione di Garanzia del partito, sapientemente istruita, ha deciso che l'esclusione non valeva se c'era stata un'interruzione dei mandati parlamentari. Era esattamente il caso di Anna che, nella legislatura precedente la XIV, aveva saltato un turno. Era stata infatti silurata in un collegio abruzzese, sconfitta dal candidato del centrodestra. Così, grazie alla deroga, è stata messa in lista nel Veneto e eletta al Senato.
Apriti cielo. I diessini maschi, e più ancora le donne, hanno gridato allo scandalo. Fassino è stato messo in croce. Gli è stato rinfacciato di fare prevalere le ragioni del talamo sull'etica di partito. Si è alzato un polverone, sono volate parole forti. Anna ha inghiottito, ma una volta eletta si è fatta sentire. «Io mi sono trovata in lista - ha detto, glissando sul perché e il percome - e non mi sono tirata indietro per non avvalorare l'idea che nei Ds c'erano reazionari e conservatori che mi boicottavano in quanto consorte del segretario». «Ma perché è stata fatta per lei la deroga delle due legislature?», le è stato obiettato. «Tanti ds sono in Parlamento da cinque o sei legislature», ha risposto. E con ragione. Basti pensare a Violante, Turco, D'Alema, per dire i più noti. Poi, con la voce in cui lo sdegno accentuava l'inflessione maremmana della natia Piancastagnaio, paesello sul Monte Amiata, ha aggiunto: «Le deroghe si fanno per quelli che hanno una storia e io ce l'ho: a una conferenza di donne io presi il 40 per cento delle preferenze e mio marito non era ancora segretario; io sono deputato dall'87 e lui dal '94; io nel '92...» e qui fu bloccata, sennò ricominciava la tiritera.
Adesso Annina, oltre che senatrice, è anche presidente della Commissione interparlamentare per l'Infanzia e come tale è stata ricevuta al Quirinale dal presidente Napolitano. È piuttosto soddisfatta, si è del tutto ripresa e consuma le sue vendette. Recentemente ha fatto un bel dispettuccio alla Turco, ministro della Salute, facendo bocciare in Commissione Sanità il decreto che raddoppia la dose di cannabis consentita. Ne è nato un putiferio. Fassino, chiamato in causa, ha dato una carezza al gatto e una al cane: «È del tutto legittimo avere opinioni diverse (si riferiva alla moglie, ndr), ma è fuori discussione l'assoluta fiducia nei confronti di Livia Turco». Si barcamena perché poi a casa se la deve vedere lui.
La casa coniugale è dietro al Parlamento di fronte al mercatino di Piazza delle Coppelle. L'appartamento è arredato nel gusto di lei, con statuine di porcellana e ricami indiani che acquista nei mercati delle pulci. In cucina ci sono le marmellatine dell'Amiata fatte dalla mamma. Annina sta ai fornelli dove sforna torte di mele e melanzane alla parmigiana. Piero è addetto allo sparecchiamento e alla riempitura della lavastoviglie che fa con la sabauda meticolosità con cui, prima dei convegni di partito, controlla la disposizione delle sedie, le luci e i microfoni. Nella cucina, in alto, c'è un armadietto zeppo di medicine omeopatiche che lei, in base agli umori di Piero, notoriamente ipertiroideo, somministra per calmarne ansie, eccitare ardori, ecc. Ogni sera, Serafini, siede ore nel sottostante Bar Riccioli dove riunisce le parlamentari sue fedelissime dette «serafine».
Annina è una graziosa cinquantaquattrenne difficile però da descrivere perché cambia look come Fregoli. È stata magra acqua e sapone, grassottella coi capelli rossi, di nuovo magra e mora, poi bionda sexy, coi capelli a caschetto, a cascata, alla maschietta. Attualmente il suo hair-stylist, Roberto D'Antonio (lo stesso di Piero) le ha fatto una pettinatura a cresta di gallinella.
Unica femmina, con tre fratelli, Annina è figlia di un minatore dell'Amiata. La sua prima elezione è stata quella a reginetta di un ballo nella Casa del Popolo di Piancastagnaio. Ebbe un prosciutto come premio. Per mantenersi agli studi, ha lavorato dai 15 ai 25 anni come assistente nelle colonie estive. Fatta per primeggiare, ha raggiunto il rango di direttrice coloniale. Iscritta al partito a 19 anni, piena la testa di marxismo, partì per la Germania dopo la laurea in Filosofia per approfondire il pensiero di Eduard Bernstein, pietra angolare del socialismo tedesco. Ne è la maggiore esperta mondiale. Non l'ha ancora detto, ma noi la preveniamo. Rimase a Berlino tre anni e, per campare, faceva le radiocronache delle partite di calcio per gli emigrati.
Alla fine degli anni Ottanta, dopo la fulgida carriera che lei stessa ci ha illustrato tra i lamenti, incontrò Fassino. Fu subito colpita dal filiforme, 65 chili per quasi due metri, ma se ne innamorò leggendo la tenera lettera che lui le scrisse per la morte del babbo minatore. «Mi toccò il cuore nel profondo», ha detto. Si impalmarono a Siena, partendo in auto per il viaggio di nozze, con ancora indosso gli abiti da cerimonia. Sull'autostrada scoppiò un pneumatico. Giunse un carro attrezzi che caricò la macchina con loro dentro. Fecero così un trionfale ingresso in carrozza nel primo autogrill. Il gestore li riconobbe e offrì dello spumante nei bicchierini di carta.
Non hanno avuto figli. Piero, stando a voci, ha corso saltuarie cavalline. Qualcuno ha anche identificato in lui il protagonista della relazione con Carmen Llera di cui si ha una boccaccesca descrizione in Diario dell'assenza, aureo romanzo della disinibita vedova di Moravia. L'assenza in questione pare sia quella di Piero, sempre in giro per impegni. Di Annina, che è molto gelosa, non si conoscono reazioni alla vicenda. Però, dove c'è lui, lei non manca mai. È stata vista dietro le colonne, celarsi tra le quinte, confondersi tra piante ornamentali, mentre Piero fa incontri e conferenze. Un po' lo controlla, ma molto di più vuole essere pronta a dire la sua e a indirizzarlo nelle tattiche e nelle strategie. Questo intreccio familistico-politico ha raggiunto il culmine con il fidanzamento del portavoce di Piero, Gianni Giovanetti, con l'assistente di Anna, Valentina. Il nuovo binomio consente un doppio forno di influenze, dirette e interposte, della moglie sul marito. Di fatto, una direzione consolare del partito.

Con Anna primo console.

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