Le anomalie di uno strano scandalo

Francesco Cossiga

Dopo una lunga gestazione, dovuta certamente più a trattative politiche fuori e dentro le Nazioni Unite che ad esigenze investigative, ha visto la luce la relazione finale dei lavori della commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite sullo scandalo dell’operazione Oil for food, messa su per affermati motivi umanitari, ma in realtà per permettere a Saddam Hussein di aggirare i divieti dell’embargo faticosamente imposto all’Irak, per motivi di facciata! E così andò! Si viene così ora a sapere quello che in ambito internazionale tutti già sapevano, che l’operazione Oil for food servì a moltissime società, circa duemila, tra cui quelle francesi con l’appoggio, neanche a dirlo del governo di quel Paese, a moltissimi mediatori, tra cui il figlio del Segretario generale delle Nazioni Unite, ed anche a molte organizzazioni benefiche, per la più parte cristiane, di fare grandi affari, e di permettere al governo di Saddam Hussein di precostituirsi riserve immense di dollari all’estero per acquisto d’armi, corruzione di uomini politici occidentali (il caso del deputato laburista britannico) a favore del regime dittatoriale bahatista, e acquisizione di consensi in ambienti politici, culturali e religiosi. L’ultima cosa cui l’operazione servì fu l’assicurare al popolo irakeno, sunniti in primo piano, sciiti e curdi all’ultimo posto, un livello di sussistenza sul piano alimentare e dei medicinali. Si è trattato, da un punto di vista mediatico, di una grande e riuscita operazione, ed anche di una grandissima e riuscitissima operazione di speculazione finanziaria internazionale, ma anche di una delle più grandi truffe da un punto di vista della politica internazionale e dell’azione politica del Segretariato generale delle Nazioni Unite.
Ma per l’Italia, il problema è tutto quello degli affari legittimi, almeno quanto quelli del figlio di Kofi Annan e di duemila società di grande nome, di un intermediario di affari finanziari, colpevole di essere un amico di Roberto Formigoni! Leggo che un giovane magistrato starebbe procedendo per corruzione di straniero, per i dollari riversati sui loro guadagni agli agenti del governo irakeno. Penso si tratti di uno scherzo, perché non vorrei proprio che fosse ancora una volta vero o che i magistrati amano occuparsi di politica o che la giustizia ordinaria, come diceva un grande giurista francese dell’800, è fatta per le «piccole cose», che la giustizia delle «grandi cose» non può che essere giustizia politica. Ma ricordo bene quando interessatomi di sapere perché un magistrato milanese fosse così duro ed implacabile contro un grande finanziere ed industriale italiano, con rischi gravi per l’allora sua strategica azienda, mi fu detto che ciò trovava motivo nel fatto che avendo compiuto il detto una fortunata operazione finanziaria «entra ed esci», triplicando o quadruplicando l’investimento, egli, il magistrato, essendo un dipendente dello Stato, certo già allora ben pagato, ma comunque a stipendio fisso, non riteneva che si potesse guadagnare tanto ed in così breve tempo... senza commettere reati! Ché se poi, si dimostrasse anche, ma nessuno l’ha scritto o lo ha detto, che il fortunato agente finanziario, già mio giovane collega democratico cristiano alla Camera dei deputati e cattolico militante, abbia riversato parte del denaro da lui percepito ad esempio a qualche opera di Comunione e Liberazione (dato che a questo mira la campagna giornalistica, perché a nessuno può venire in mente che Roberto Formigoni abbia preso interesse privato a queste operazioni di carattere mondiale), non vedo quale sia il reato o la cosa disdicevole. Il governo di Saddam Hussein ha favorito tra i duemila e passa, compreso il figlio di Kofi Annan, un italiano, cattolico militante, anche a motivo dei rapporti noti a tutti fin dalla Prima Guerra del Golfo, tra Roberto Formigoni, così come tra altri numerosissimi esponenti cattolici ed in generale cristiani, con il cristianissimo Tarek Aziz? Ebbene? I movimenti militanti cattolici, tra cui Comunione e Liberazione, sono stati sempre solidali con lo Stato ed il popolo irakeno, anche a motivo della protezione che esso accordava anche nei confronti dei sunniti e soprattutto degli sciiti, alle antichissime Chiese cristiane, sia in comunione con la Sede apostolica di Roma, sia non in comunione con essa. Comunione e Liberazione, come tutti i movimenti cattolici italiani, sono stati nettamente contrari alla Prima Guerra del Golfo così come all’intervento unilaterale anglo-americano in quel Paese, aderendo totalmente alla linea di ferma condanna della Sede apostolica. Certo, a me rimane anche per questo un dubbio. È ben strano che il rapporto Volker faccia per l’Italia solo il nome, in modo provocatoriamente ed ipocritamente insinuante, del cattolico Formigoni, di un movimento particolarmente fedele alla Sede apostolica, e fermissimo oppositore delle iniziative militari degli Stati Uniti in quel martoriato Paese. Certo il probo Volker è «al di sopra di ogni sospetto», ma qualunque patriota americano è «al di sopra di ogni sospetto», fino a quando il «sospetto» non sia quello di sostenere la causa del suo Paese e del suo governo! Se non fossimo in campagna elettorale, sarebbe ben strano che giornali fortemente antiamericani e che sono stati e sono contro «l’avventurismo» americano in quell’area, e sostenitori del «via, ora e subito dall’Irak!» si siano impegnati in questa equivoca campagna di sospetti e mezze accuse.

Ma queste sono cose, o meglio miserie di «casa nostra».

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