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Gli arabi cristiani: "A Gaza serve aiuto non propaganda"

«Che cosa farebbe adesso Gesù?». Eli Shoufani è una rarità, segno singolare di unità e di speranza in un Paese in cui tutto sembra divisione. Lui è arabo, israeliano e cristiano. Tutto insieme

nostro inviato a Haifa

«Che cosa farebbe adesso Gesù?». Eli Shoufani è una rarità, segno singolare di unità e di speranza in un Paese in cui tutto sembra divisione. Lui è arabo, israeliano e cristiano. Tutto insieme. «Siamo parte del popolo palestinese e abbiamo aderito allo sciopero per solidarietà, ma abbiamo anche visto in tv le immagini delle persone che dalla barca attaccavano i militari con spranghe e sedie. Non è accettabile, noi dobbiamo vivere insieme. Dobbiamo». Imprenditore originario di Nazareth, spalanca gli occhi azzurri che sono un dono di famiglia, insieme al vivo desiderio di dialogo. Lo condivide con il fratello, padre Emile Shoufani, che batte la via religiosa della pace.
Eli Shoufani è sposato e ha quattro figli, due ragazzi e due ragazze. Nazionalità araba, cittadinanza israeliana, è uno dei cristiani rimasti in Terra Santa: erano duecentomila nel 2008, scesi a centosessantamila secondo le ultime stime del patriarcato latino di Gerusalemme. Pochissimi, meno del due per cento della popolazione di Israele e della Palestina. È paradossale eppure comprensibile, perché è ai limiti delle umane possibilità seguire Cristo in una terra di conflitti aspri, che vogliono costringerti ogni giorno a scendere in guerra. «Noi vogliamo vivere sereni e in pace con i nostri figli, non abbiamo bisogno di altra violenza. Il rispetto dei diritti umani di tutti è fondamentale, so che a Gaza ci sono persone che hanno bisogno di aiuto, ma ci sono altre strade da seguire, abbiamo la Croce Rossa, le missioni delle Nazioni unite».
Il dolore per i morti è a ogni parola, insieme con i dubbi su ciò che è accaduto al largo della contestata Striscia di Gaza. «È un'ottima scelta venire in barca a portare aiuti umanitari, se hai il permesso. E se arrivi senza permesso, perché non lasci controllare il carico? Sei mesi fa una barca tentò di fare la stessa cosa e li hanno mandati a Ashdot». Eli Shoufani è affranto: «Perché vengono? Il mio timore è che lo facciano per propaganda. Non credo che gli israeliani non lascino entrare gli aiuti umanitari a Gaza. Forse lentamente, ma li fanno entrare. La situazione è drammatica, molto ancora rimane da fare per la popolazione di Gaza, ma non credo che simili azioni siano la strada giusta».
Lo scontro è scoppiato nel pieno della settimana della Pace. «Noi cristiani siamo come sandwich stretti nel conflitto tra gli ebrei e i musulmani», dice un fedele impegnato in parrocchia. «Il nostro tentativo è evitare di pensare: tu hai torto e tu hai ragione», aggiunge il padre custode della casa per pellegrini Stella Maris. Non è facile in un luogo in cui anche i cristiani a volte sono divisi. Haifa è ai piedi del monte Carmelo, casa del profeta Elia e della Madonna, luogo sacro dell'Antico e del Nuovo Testamento. Le suore carmelitane che vivono nel monastero in cima alla collina pregano per l'unione dei cuori e continuano a credere nella pace. La priora, suor Maria Giuseppina, offre una piccola ricetta facile: «Tre Ave Maria ogni giorno».

Una via possibile per tutti.
SC

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