Aridatece Peppone (e il suo Natale)

Eccolo qua il presepe del compagno Cofferati: c’è Prodi ciclista, e c’è Moana Pozzi nuda inseguita dalla Morte. Alle spalle s’intravvede quell’intruso del Bambinello, chissà se c’entra qualcosa. Non stiamo scherzando: questo presepe è nella sede del Comune di Bologna, palazzo d’Accursio, ed è stato organizzato dal signor sindaco e dai suoi compari. Oltre al premier in bici (gli servirà per fuggire dai fischi?) e alla povera Moana ritratta con le vergogne di fuori (un po’ di rispetto per i morti no?) ci sono altri pilastri della storia del cristianesimo: Freud e Picasso, tanto per citarne un paio. Questo è il presepe della giunta progressista. E poi dicono che uno si butta a destra, diceva Totò.
Naturalmente qualcuno penserà che siamo degli ignoranti perché questo presepe, che diamine, l’ha fatto un artista. Non ne riporto il nome perché non lo ricordo: ma anche se me lo ricordassi non lo farei, un po’ perché non merita pubblicità e un po’ per carità cristiana, si dice il peccato ma non il peccatore. Comunque questo artista Cofferati se lo è scelto con cura. È un signore che ha fatto sapere di essere agnostico, il che non è una colpa, perché credere non è facile né obbligatorio. Ma agnostico - leggiamo sul vocabolario - vuol dire persona che «non prende posizione», «che mostra indifferenza». E invece questo genio delle statuine natalizie ha detto che sono quarant’anni che lavora sul presepe, e ha aggiunto: «Se faccio arrabbiare il cardinale sono contento». Vuol dire che tanto indifferente non è.
Insomma: uno dei tanti presepi dissacratori, o più semplicemente idioti, una vergogna a cui assistiamo da qualche tempo. Anche quest’anno in tutta Italia è un fiorire di manifestazioni «natalizie» in cui il Natale viene nascosto, oppure annacquato. Canzoncine in cui la parola Gesù viene sostituita da Virtù, presepi nei quali accanto alla capanna del Bambino vien messa una moschea, recite in cui si parla genericamente di pace e di bontà ma non si fa menzione di quel neonato ebreo che, comunque la si pensi, ha spezzato in due la storia: avanti Cristo, dopo Cristo.
La giustificazione di questi zelanti distruttori del Natale la conosciamo bene: dicono che non si devono offendere i musulmani, tanto meno i bambini che vanno a scuola. Giustificazione assurda perché gli islamici non sono affatto infastiditi dal Natale: o se ne infischiano, o ricordano che Gesù era per loro, comunque, un profeta. No, non sono i musulmani a distruggere il Natale e, più in genere, la tradizione cristiana: siamo noi occidentali devastati dal politically correct e da quel ben noto vizio dell’autoflagellazione che ci porta a ritenerci colpevoli di tutti i mali del mondo.
Lungi da noi volerla buttare in politica, ma i maestri in questa opera di demolizione delle nostre tradizioni sono gli amministratori e in genere i pensatori della sinistra. È soprattutto nelle giunte di sinistra - perché negarlo? - che le feste del Natale vengono trasformate in burletta; e sono soprattutto gli intellettuali e i giornalisti di sinistra che ci fanno una testa così sulla necessità di non offendere i musulmani, dell’aprirci alle altre culture, di non essere sordi al dialogo. È una sinistra che ci fa rimpiangere, e di molto, i vecchi comunisti di una volta, che avevano tanti difetti ma erano certamente più seri. Un Peppone certi imbecilli li avrebbe cacciati fuori dalla sezione a calci nel didietro.
Ma davvero: non vogliamo buttarla in politica. Il discorso è un altro. Cancellando il Natale, si cancella qualcosa di cui non possiamo fare a meno. Non sto parlando delle nostre tradizioni culturali: di quelle mi frega assai poco. È che il Natale - e, per estensione, tutto il cristianesimo - è qualcosa che ci riguarda ben più di una consuetudine culturale. Di fronte a questa ricorrenza, uno si chiede: ma sarà vero che duemila anni fa Dio si è fatto uomo? E che dopo la morte ci attende un’altra vita? Personalmente me lo chiedo con mille dubbi, ma anche con tutta la speranza che posso. E sono certo che queste domande, almeno una volta nella vita, se le pongono tutti.
Ecco cosa conta del Natale: se è una storia vera oppure no. Ieri ero al funerale di un mio amico di 42 anni. Ho visto sua moglie, fiera e commovente nello stare in chiesa con i due figli piccoli. Provate a consolare questa donna parlando del dialogo con l’islam e dell’integrazione con le altre culture.

È altro di cui ha bisogno. Lei come tutti noi, che ogni tanto avvertiamo con un brivido d’angoscia che il tempo si fa breve.
Giù le mani dal Natale e dalla speranza che ci porta, quindi. Se non vi interessa lasciatelo perdere. Ma giù le mani.

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