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Chiesto processo per Sgarbi per reati tributari

I pm di Roma contestano a Vittorio Sgarbi le ipotesi di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte

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I pubblici ministeri della procura di Roma hanno chiesto per Vittorio Sgarbi il rinvio a giudizio con le ipotesi di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Il critico d'arte, ed ex sottosegretario al ministero della Cultura, risulta indagato e, secondo la procura della Capitale, le pendenze erariali con l'Agenzia delle Entrate ammonterebbero a circa 715mila euro. In base a quanto ricostruito dai pm, Sgarbi avrebbe acquistato nell'ottobre 2020 un quadro di Vittorio Zecchin, "Il giardino delle fate", durante un'asta d'opere d'arte ma facendo risultare come acquirente la sua compagna, Sabrina Colle.

In base all'accusa, l'acquisto sarebbe avvenuto utilizzando il denaro di una terza persona con l'obiettivo di evitare che il Fisco intervenisse per un eventuale sequestro. Sempre secondo la ricostruzione, questo passaggio sarebbe stato effettuato per aggirare la possibilità che, essendoci contenziosi con l'erario, il quadro potesse diventare un valore di contropartita. Questa è la tesi che viene portata avanti dall'accusa. Al critico d'arte viene contestata la violazione dell'articolo 11 della legge sui reati tributari sulla sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.

La richiesta dei pm finirà ora sul tavolo del giudice per le indagini preliminari, che dovrà stabilire se sussistono gli elementi per aprire un processo o se, invece, la posizione di Sgarbi dovrà essere archiviata. Lo scorso ottobre, il critico d'arte aveva già commentato la vicenda definendo l'impianto accusatorio come una "sequela di bugie" tali da procurare "un grave danno reputazionale mio e di tutti gli altri soggetti citati, accomunandoli a ipotesi di reato che, in quanto fondate su presupposti falsi". La ricostruzione fatta dal critico diverge da quella dei pm. Il quadro in oggetto è una tela del 1913, messa in vendita dalla casa d'aste Della Rocca e aggiudicata per 148mila euro.

Lo stesso critico d'arte è intervenuto subito dopo la diffusione della notizia per commentare le richiesta di rinvio a giudizio: "Non me la spiego. È del tutto insensata. Siamo nello Stato privo di principi, che si ritiene che se uno compra un quadro deve essere per forza una persona che lo vuole. Nessuno pensa che può essere un dono e lo è stato".

Gli avvocati, ha aggiunto, "motiveranno la contraddizione del magistrato secondo cui compravo opere d'arte attraverso la mia fidanzata quando invece il quadro era suo, le era stato regalato".

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