Cronaca giudiziaria

Un peccato "senza dolo". I giudici salvano il prete della Messa in mare

Il sacerdote era finito sotto indagine a Crotone dopo il clamore suscitato dalla celebrazione in mare, con un materassino usato come altare. Ma, per quanto fastidioso, il "peccato" era veniale

Un peccato "senza dolo". I giudici salvano il prete della Messa in mare

Sul fronte giudiziario, il caso della Santa Messa celebrata in mare è stato un buco nell'acqua. Visto il contesto balneare, non poteva essere altrimenti. Don Mattia Bernasconi, il sacerdote brianzolo che il 24 luglio scorso officiò una liturgia a mollo tra le onde e usando un materassino come altare, non andrà a processo. La procura di Crotone aveva aperto le indagini per accertare se il religioso avesse offeso o meno la religione cattolica e, a distanza di oltre sette mesi dall'accaduto, la giudice per le indagini preliminari ha accolto la richiesta d'archiviazione presentata dal procuratore Giuseppe Capoccia.

La Messa in mare

Secondo la giustizia terrena, don Mattia non ha commesso alcun vilipendio e in effetti - per quanto sgradevole a vedersi - quel suo gesto era apparso sin da subito un peccato veniale. Senza dolo. "I simboli hanno una loro importanza e io sono forse stato imprudente", aveva ammesso il sacerdote, dopo che le immagini di quella sua celebrazione in mare avevano scatenato non poche polemiche. In trasferta a Crotone della legalità organizzato dall'associazione antimafia Libera, il viceparroco aveva officiato la Messa domenicale in mare, immerso in acqua senza vestiti né paramenti liturgici. E affiancato da un "chierichetto" in boxer che reggeva un materassino, utilizzato come altare improvvisato.

La strigliata della curia e le scuse del don

"Il sole era cocente", si era lì per lì giustificato il don. Ma la motivazione - è proprio il caso di dirlo, con il rispetto dovuto - faceva acqua da tutte le parti. Possibile infatti che nei paraggi non ci fosse un posto più consono per il rito sacro? La curia calabrese aveva bacchettato il sacerdote, chiedendo un maggior rispetto dei simboli eucaristici, e l'arcivescovo di Milano, Mario Delpini, aveva bollato l'episodio come una "sciocchezza senza giustificazioni". Intanto don Mattia si era scusato con un intervento sui social, ribadendo di non aver avuto alcuna intenzione profanatoria. "È stato ingenuo da parte mia non dare ai simboli il loro giusto peso. Vi assicuro che non sono mancate l'attenzione e la custodia alla Parola e all'Eucarestia". Mea culpa, ma senza "peccato".

Le indagini e l'archiviazione

Intanto la procura aveva addirittura aperto delle indagini per capire se il prete lombardo avesse oltraggiato o meno la religione cattolica. L'avvocato Giovanni Morgese, che ha difeso il religioso, aveva subito sottolineato come non vi fosse dolo nella condotta del sacerdote. E questa tesi è stata accolta dalla stessa procura crotonese.

Nonostante lo sconcerto "indotto nella comunità dei fedeli", per l'inquirenti nel gesto di don Mattia non vi è stato "dolo necessario per integrare il reato di vilipendio". Ci sono voluti sette mesi per capirlo: amen.

Commenti