Un autonomo su 3 oggi ignora che assegno avrà

da Roma

La scelta sul Tfr - versamento in un fondo di previdenza integrativa oppure conferimento all’Inps - dovrebbe rappresentare l’occasione per informare i lavoratori sul loro futuro pensionistico. Uno studio degli economisti della voce.info rivela infatti che la quota di lavoratori che sovrastima o sottostima di oltre il 25% la propria futura pensione è del 14% fra i dipendenti privati, del 16% fra i dipendenti pubblici, e addirittura del 29% fra gli autonomi.
A oltre dieci anni dall’entrata in vigore della riforma Dini, il permanere di una disinformazione così vistosa, concentrata soprattutto fra le classi più giovani, può indurre in errori clamorosi nelle scelte previdenziali e di risparmio. Prima della riforma del ’95, un dipendente privato poteva contare su una pensione che, in media, raggiungeva il 70% dell’ultima retribuzione. Adesso non è più così. Per i dipendenti entrati in servizio dopo il ’95, la pensione si ridurrà entro una forchetta compresa fra il 60% e il 40% dell’ultima retribuzione. Molti italiani rischiano di rendersi conto di una simile situazione solo alla vigilia del pensionamento, quindi le scelte di risparmio o di investimento in molti casi non tengono conto del futuro previdenziale. Indipendentemente dalla scelta sulla destinazione del Tfr, le nuove norme inserite nella Finanziaria possono rappresentare l’occasione, sottolinea lo studio della voce.info, per una campagna informativa capillare.
Nella media, l’errore di previsione sulle future pensioni non è grande, però si tratta quasi sempre di una sopravvalutazione (circa 3 punti percentuali in più, fra i dipendenti del settore privato). Tuttavia, in alcuni gruppi i margini di errore sono molto elevati: il 15% commette un errore pari a oltre il 25%, e questo significa che un lavoratore con reddito di mille euro ritiene che avrà una pensione da 750 euro, mentre in realtà ne percepirà soltanto 500. L’errore è più diffuso nelle classi giovani, in particolare riguarda quelle entrate nel mondo del lavoro dal Duemila in poi, e fra chi è impiegato in lavori discontinui (precari, co.co.co., lavoratori a progetto e quant’altri). L’informazione aumenta con l’età anagrafica, ed è massima nei nuclei familiari dove c’è già un pensionato.
Tutti questi dati dovrebbero suggerire al ministero del Lavoro Damiano l’urgenza di una campagna informativa, e non soltanto sulla destinazione del Tfr. È auspicabile che ogni lavoratore possa decidere che fare del proprio Tfr futuro (le nuove norme si applicano al flusso, ricordiamo, e non allo stock finora accumulato) sulla base di un’informazione per quanto possibile precisa sulla propria pensione.

Gli stessi sindacati, che non perdono occasione per polemizzare sulle pensioni, potrebbero invece concentrare gli sforzi sull’illustrare agli iscritti tutti gli aspetti dell’operazione Tfr, in base alle diverse situazioni. A scanso di brutte sorprese alla fine della carriera lavorativa.

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