Aventador va più forte di un Boeing

Aventador va più forte di un Boeing

nostro inviato a Miami

Ci mancava solo la sfida, su una delle quattro piste del Miami Internationl Airport, rimasta chiusa un'ora per l'evento, tra la nuova Lamborghini Aventador Lp 700-4 Roadster (due posti secca, a cielo aperto) e un Boeing 777 dell'American Airlines, partner della casa di Sant'Agata Bolognese. Risultato: se il gigantesco B-777 ha decollato a 180 miglia orarie (289,68 km/h) il bolide italiano, nello stesso momento, ha raggiunto i 337,96 chilometri l'ora (210 miglia/h). Inutile dire che la sfida ha calamitato l'attenzione degli incuriositi passeggeri del principale scalo aereo della Florida. E se in questa occasione l'adrenalina correva quanto i due protagonisti della gara, più folkloristica è stata invece la parata, questa volta lungo la Collins e l'Ocean Drive a South Beach, di 50 esemplari del Toro guidate dai rispettivi proprietari, per celebrare il mezzo secolo di vita del prestigioso marchio emiliano controllato dal gruppo Audi. La versione Roadster dell'Aventador Lp 700-4 è l'ultima nata di Lamborghini: un vero «mostro» per potenza (700 cavalli a 8.250 giri sprigionati dal motore V12 di 6.5 litri, 350 orari di velocità massima, 0-100 in un lampo: 3 secondi), tecnologia (monoscocca in fibra di carbonio, sistema start-stop con riavvio in 180 millesimi di secondo, sotto i 135 orari una bancata del motore si disattiva automaticamente) e listino (363mila euro Iva compresa).
Il made in Italy, rilanciato in questo caso con i soldi tedeschi, si è esibito nella calda Miami, inondando con l'inconfondibile sound Lamborghini una delle più famose «vasche» d'America. Due i momenti di prova: sull'ovale di Homestead, a un'ora da Miami, dove l'Aventador ha dato prova di come può essere lanciata in tutta sicurezza, grazie alle dotazioni elettroniche e all'immancabile abbinamento con gli pneumatici Pirelli PZero; in strada, misurandosi con il traffico di tutti i giorni, con destinazione South Beach.
Alcune considerazioni e qualche appunto. Nel vano anteriore trovano posto i due gusci da 6 chili l'uno che, montati in pochi secondi, trasformano la Roadster in una Coupé. Con i due semitettucci nel bagagliaio ci stanno sì e no due borsine con l'indispensabile per un fine settimana. L'apertura delle portiere è «a forbice»: entrare e uscire dall'abitacolo comporta qualche problema, ma fa parte del gioco. All'interno, comunque, fatto salvo la razionale disposizione dei comandi, lo spazio extra occupanti è minimo (il portabottiglie si trova dietro lo schienale).
In pista, e soprattutto sulle highway, meglio il cambio manuale (selezione up e down delle 7 marce dietro il volante); con quello automatico si avverte il «colpo» a ogni cambiata (ma c'è a chi piace così) e quando si dà gas. Per il resto massima fluidità e risposta adeguata alle frenate. A cielo aperto è possibile dialogare con il passeggero senza problemi fino 90 orari. Pigiato un tasto, si abbassa il vetro che separa l'abitacolo dal vano motore: e vai con il sound. Orgoglioso della linea e dei particolari del bolide il suo designer, Filippo Perini.

Soddisfatto il numero uno Stephan Winkelmann: «Noi vendiamo sogni; 15 mesi di produzione già prenotati» (la tartassata Italia conta solo per il 5%).

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