Controcultura

Balsamo con un ritratto sapeva rubarti l'anima

Il pittore viveva al confine di due mondi, mare e montagna, terra e cielo, natura e uomo

Balsamo con un ritratto sapeva rubarti l'anima

Sfogliando il menabó del volume che sta per andare in stampa, ritrovo, con il volto di Renato Balsamo in diversi momenti della vita, tutta la attività pittorica, durata più di un cinquantennio, di un artista che è molto più vario e molteplice di come lo ricordavo. Già me lo figuravo inquieto nei lunghi anni di frequentazione bipolare, nel suo dividersi tra Sorrento e Cortina, non sapendo lui stesso, in questo radicale contrasto, se il cuore o la ragione fossero nell'uno o nell'altro luogo. Viene da pensare che il cuore fosse a Sorrento e la ragione a Cortina, ma è vero fino a un certo punto. Cortina era anche il luogo degli affetti, Rachele e la moglie Mina, dolcissima e amatissima. Il mare d'amore di Cortina, le stanze odorose di legno. Insomma, un uomo semplice,ma carico di contraddizioni. E mi accorgo ora che esse si riflettono anche nella sua produzione pittorica, che vede al primo numero un bellissimo cavallo pezzato, del 1952, l'anno della mia nascita. Quando ne scrissi la prima volta, nel 1985, Balsamo era un combattivo pittore figurativo, tra Surrealismo ed Iperealismo, in perfetto contrasto con il Postcubismo e l'Astrattismo di cui, nel suo temperamento almeno bipolare, lui stesso era stato esponente. Me ne accorgo adesso, vedendo una produzione che, negli anni 60, è fortemente sperimentale, in una rincorsa dell'avanguardia, sia pure tardiva, e, inevitabilmente, irrisolta. C'è un po' di tutto in quegli anni: Espressionismo, Surrealismo, Astrattismo, Concettualismo, tutti gli «ismi» possibili, con esiti formali che alludono a Picasso, a Bacon (addirittura con studi per vescovi e papi), con Soutine, Wilfred Lam, Matta; e chi più ne ha più ne metta. Ma tutti tentativi irrisolti o insoddisfatti. Fino a quando, sugli inizi degli anni 70, Balsamo è turbato dalla visione de L'isola dei morti di Arnold Boecklin, che interseca con la pittura di Magritte, in una contaminazione eloquente. È a partire di qui che, uscendo dall'ossessione della sperimentazione, Balsamo entra in una fase nuova e conflittuale con la sua stessa esperienza espressionistica e d'avanguardia. Boecklin è lo spartiacque, la sua Isola dei morti è un mondo ritrovato da cui ripartire senza ingombri ideologici, senza parole d'ordine. La storia non si ripete, ed è inutile iscriversi nella lista degli epigoni. Così Balsamo esce dalle formule obbligatorie del linguaggio dell'arte di quegli anni. È solo, ma è felice. Il nuovo approdo è il Surrealismo, e i maestri amici sono Max Ernst e Magritte. Balsamo li traduce in Naturalismo, nella natura accogliente degli ulivi, che diventano il soggetto prevalente della lunga stagione sorrentina, vissuta e ricordata.

Sono i primi anni 80, scanditi da un rinnovato e sempre più convinto omaggio a Boecklin, in sintonia con Fabrizio Clerici. Le immagini del pizzo a strapiombo di Sorrento, dal mare, sono indimenticabili. Balsamo sta mutando pelle: nei paesaggi, nelle nature morte, nei capricci, c'è sempre una maggiore evidenza naturalistica, temperata da una luce morbida che carezza gli oggetti, negli interni. Balsamo si muove fra le nuvole, al di sopra delle cime, fino a quando, tornato a terra, non rimane impressionato dagli ulivi, dalla loro corteccia accidentata, dalla loro stessa disarmonia e deformità. La serie di ulivi e grandi ulivi è una fuga dallo studio per trovare, nella natura, Dio. Sono quelli gli anni della nostra frequentazione, quando Balsamo propone una interpretazione antropomorfica degli ulivi di Puglia, come vecchi, come persone, anch'essi con la loro storia, con il loro tempo. Credo quegli ulivi danzassero contro un cielo sempre più azzurro, attraversato da nuvole di tutte le forme. Per quanto siano «fisiche», queste immagini, pur nella loro simbologia o allegoria, sono intimamente metafisiche, complementari alle vedute della costa di Sorrento come una barriera insuperabile.

Nelle nature morte di questo tempo, Balsamo accentua il virtuosismo, dichiara l'orgoglio del mestiere, il piacere del disegno. Sono quelli gli anni di incontri che cambiano la vita e lo stile. Anche qui si parte da Boecklin, con il divertimento di un Boecklin che dipinge De Chirico. Con quel filtro, Balsamo racconta gli affetti e gli esercizi di ammirazione, in una serie di indimenticabili ritratti, svaporati, quasi monocromi. Se gli ulivi segnavano il rapporto con la forza della natura, questi ritratti indicano un dialogo di anime. Tra i primi, ancora in una fase iperrealistica, il ritratto di Mario Rimoldi, il collezionista che lasciò le sue opere alla Casa delle Regole di Cortina, di cui Balsamo fu a lungo direttore. I soggetti sono legati alla vita familiare, la madre, la moglie, la grande suocera Rachele. Ma ci sono anche gli scrittori e amici Giovanni Comisso e Giorgio Soavi, e poi Umberto Tirelli, il costumista di Visconti, e Pietro Barilla, e Riccardo Muti, e Zoran Music. E altri, legati alla committenza, per ragioni professionali: come gli studiosi Terisio Pignatti e Lionello Puppi, i coniugi Menego, i galleristi Tiziano a Paola Forni. Un universo di persone e conoscenti, restituiti con l'evidenza delle loro anime, in una pittura trasfigurata, tendenzialmente monocroma. Alla galleria non mancano numi tutelari, grandi vecchi, come Franco Parenti, Antonello Trombadori, Mario Luzi, Neri Pozza.

Ma uno spazio particolare tocca a me e alla mia famiglia, in particolare a mia madre, che entra nella pittura accostante, insinuante ma oggettiva, come una presenza carica di vita. Ponte naturale tra lui e me, nella vita. Quando poi, senza pose romantiche (Muti, Soavi) o atteggiate (Montanelli), Balsamo si misura con me, in un memorabile ritratto, dove pretende di rubarmi l'anima, io sono fermo davanti a lui, in atto di sfida. È forse il suo ritratto più bello, più onesto, più severo, fra tanti affettuosi, dolci, deferenti. Noi ci parliamo, e lui mostra di capirmi, in allegoria, come non ha fatto con nessun altro: dietro quel giovane risoluto e temerario, con le mani nervose, ci sono due protettori, autorevoli e solenni, due angeli custodi: a sinistra Roberto Longhi, a destra la Regina di Saba di Piero della Francesca. Scacco matto. Per ritrarmi, Renato non ha bisogno di me soltanto, ma vuole evocare i fantasmi della mia mente, vuole stanarmi. Vuole dirmi: «non dimenticarmi»; «ricordati di me».

Esattamente quello che sto facendo ora.

Renato, eccomi.

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