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Il baseball lancia la nazionale dei paisà

L’Italia tra le 16 grandi nazionali si affiderà agli oriundi delle Major league: dal grande Mike Piazza a Baldelli, figlio di un pompiere ascolano

Filippo Fantasia

Chissà cosa avrebbe pensato quel Giulio Giacomo Bonetti che, nato a Genova all’inizio del secolo scorso e partito alla volta dell’America, debuttò nel 1937 nel massimo campionato professionistico di baseball con la maglia di St. Louis. O addirittura un tale Eddy Abbaticchio che nel 1897 aveva vestito la casacca di Philadelphia, primo italoamericano nelle Major league. Ma soprattutto Joe Di Maggio, re incontrastato dei giocatori oriundi e idolo dei nostri connazionali oltreoceano, che sarebbe stato onorato di indossare la maglia di quell’Italia che aveva dato i natali ai suoi genitori, emigrati da Palermo, ma essendo professionista allora non avrebbe potuto.
Oggi invece c’è una vera e propria nazionale di «paisà» che si sta lentamente costruendo intorno ai campioni italoamericani della Grande Lega, eleggibili per la prima volta in vista di un evento senza precedenti. Dal 3 marzo, l’Italia scenderà infatti in campo insieme ad altri quindici Paesi invitati al «World Baseball Classic», una Coppa del Mondo con la partecipazione di superstar dell’universo professionistico che mai prima d’ora avevano avuto la possibilità di giocare nelle nazionali dei paesi d’origine.
A Giampiero Faraone, attuale allenatore della nostra nazionale, potrebbe affiancarsi un co-manager come Matt Galante, da ben 21 anni nell’organizzazione degli Houston Astros. È nato a Brooklyn, lo stesso quartiere dove è cresciuto anche Joe Torre, l’allenatore più vincente nella storia dei New York Yankees. Sarà un’Italia del baseball in grado di dare spettacolo in diamante e a «Little Italy» già fanno il tifo per questa carovana di assi. Mike Piazza, grande ricevitore dei NY Mets, è stato il primo a manifestare la propria voglia d’azzurro: tre anni fa davanti al Colosseo si fece ritrarre con la maglia della nazionale, nome scritto sulle spalle ed il tanto caro numero 31. Piazza è attaccatissimo alle sue radici e ricorda come nonno Rodolfo, nativo di Sciacca, si esprimesse solo in dialetto siciliano. Mentre papà Vincenzo lo avviò al baseball.
Come fece Dan, pompiere italoamericano in pensione, con suo figlio: Rocco Baldelli, a 24 anni già una star dei Tampa Bay, è nipote di un emigrante di Ascoli Piceno. Talento naturale, «big, fast and Italian» dicono negli Usa, e si è detto lusingato di far parte della nostra nazionale. Il sogno azzurro si chiama però Joe Smoltz: ha sangue italiano nelle vene (mamma napoletana) e da diciassette anni lancia e vince a raffica con Atlanta. Sarebbe un trio formidabile con Jason Simontacchi dei St. Louis Cardinals (che ha giocato anche a Rimini e ha già vestito la maglia dell’Italia ai Giochi di Sidney), svezzato a San Francisco ma con bisnonno milanese e Carl Pavano, un siciliano su cui i NY Yankees stanno puntando molto. Poi il fiorentino Giambi, il ligure Biggio, il palermitano Catalanotto, il lucano Lo Duca, il torinese Fassero, per finire a Jason Grilli, figlio d’arte: anche papà Steve, napoletano, giocò nelle Majors. Ma c’è anche chi come Giuseppe Norrito dopo un’esperienza italiana a 23 anni ha accettato la proposta dei Dodgers ed è tornato in Florida dove suo papà, di origine siciliana, è proprietario di un noto ristorante (italiano ovviamente).

Senza dimenticare il sammarinese Alessandro Maestri, nato e cresciuto qui ma messo recentemente sotto contratto dai Chicago Cubs.

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