Politica

Basta con i pasticci degli euroburocrati

Si può dire che di questa Unione Europea, dei suoi commissari troppo spesso ondivaghi, disinformati, faziosi, non ne possiamo più, senza che a qualcuno venga in mente il noioso esercizio di ricordarci tutta la storia nobile dei padri fondatori? La sortita del tedesco Guenter Verheugen contro la Fiat, e naturalmente in soccorso dell’industria automobilistica di casa sua in crisi, non è che l’ultima di una serie infinita di gaffes, editti, considerazioni miopi, che colpiscono l’Italia, il suo governo e la sua impresa. È il risultato obbligato di un’istituzione elefantiaca che imbarca acqua e che, se a qualcuno interessa ancora, va attaccata e criticata, non difesa a tutti i costi e raccontata come una favoletta.

La Conferenza dell’Onu cosiddetta sul razzismo, Durban 2, è l’ultimo, anzi ora il penultimo, esempio dell’incapacità di essere una potenza politica e diplomatica. Hanno fatto finta che i cattivi, quelli che non dimostrano buona volontà, fossimo ancora una volta noi italiani, poi ci hanno raggiunto gli Stati Uniti di Barack Obama, Australia, Nuova Zelanda, Germania, Olanda, Polonia, oltre a Israele. Poi gli altri sono andati a prendersi la solita razione di insulti a Israele e all’Occidente da quel bullo nazista di Mahmoud Ahmadinejad. Andiamo avanti. Ve la ricordate la storia del nostro razzismo con i nomadi, a opera del commissario Hammarberg? Ci chiese nientemeno che di precisare all’Unione l’uso del termine «nomadi», che «non deve avere un significato discriminatorio e negativo nell’identificare le comunità rom, sinti e camminanti». Peccato che esista un’Opera Nomadi, che questa parola la porta nel nome, si direbbe senza imbarazzo alcuno.

Il Consiglio d’Europa diffida l'Italia dall’esercitare le politiche di pubblica sicurezza, in forma di vere e proprie «espulsioni collettive rivolte a una sola etnia». Il Commissario ai Diritti umani dei cittadini europei ignora l’esistenza della Direttiva 2004/38/CE, recepita dall’ordinamento nazionale con il decreto legislativo n. 30 del 2007 e che consente, nel pieno rispetto del Trattato, di allontanare dai confini di un Paese membro gli immigrati comunitari che vivono di crimini o espedienti e non possono provvedere alla propria assistenza sanitaria. Il Paese razzista, sempre noi, ha salvato i disperati del mercantile Pinar anche se si trattava di clandestini illegali. Malta, deputata a occuparsene, anche perché prende un sacco di soldi per l’attività di soccorso nel Mediterraneo, se n’è infischiata dei richiami del commissario Barroso, ha ribadito che ha un territorio e un’economia che non consentono l’accoglienza, e tutto è finito lì, nessun richiamo, nessuna direttiva di condanna. Il solenne Consiglio d’Europa invece bacchetta l’Italia per i processi troppo lenti e sollecita l’approvazione di una legge che consenta di smaltire l’arretrato giudiziario, milioni di processi penali e civili.

Troppo giusto. Il Consiglio non è legato all’esecutivo della Ue, ma riunisce i governi dei Paesi che aderiscono alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, al cui presidio sovraintende la Corte europea dei diritti dell’uomo. Ora provate a fare un ricorso alla Corte europea perché siete stati condannati in via definitiva in Italia alla fine di un processo scorretto, condotto da magistrati prevenuti. Magari sperate di ricostruirvi immagine e dignità. Vi illudete, vi faranno aspettare anni solo per decidere se il ricorso è ricevibile. Parliamo del funzionamento economico tanto millantato dell’Unione, delle politiche monetarie rigide della Banca centrale europea, che hanno portato il costo del denaro alle stelle frenando la crescita economica. O ricordiamoci il denaro e il tempo spesi per approvare le norme più bizzarre, una volta contro l’industria del cioccolato puro, un’altra volta contro i produttori del lardo di Colonnata, e via sragionando con la curvatura delle zucchine. Infine, non dimentichiamoci di quel voto dell’Irlanda contro l’adesione al Trattato di Lisbona, che ha affossato definitivamente la pretesa dell’allargamento dell'Europa da 15 a 27.

È stato un no giusto, perché l’allargamento è stato pensato come buona parte delle sciocchezze che si producono negli uffici europei: senza un’idea di fondo, senza tenere in conto l’identità del vecchio continente, senza spiegare ai cittadini la posta in gioco. Quel fallimento aveva nomi e cognomi dei responsabili, che sono poi gli stessi autori della scatola vuota con cui combattiamo con scarso costrutto e tante calunnie: Jacques Chirac, Gerard Schroeder, Giuliano Amato e Romano Prodi, allora presidente della Commissione.

Se è così, basta, grazie.

Commenti