Cultura e Spettacoli

Le belve naziste? Sono cacciatori cent'anni dopo la morte di Hitler

Una riserva-Lager, prede rigorosamente non ariane, un orco-Führer. Torna l'incubo firmato Sarban

Le belve naziste? Sono cacciatori cent'anni dopo la morte di Hitler

Diplomatico di lungo corso, dal 1933 al '66, di lui si ricorda una sola «missione» di un certo rilievo. Fine anni Quaranta. Churchill è atteso in visita dal re del Marocco, Muhammad V. Il vecchio leone telefona al Nostro per preparare i dettagli della trasferta e gli chiede: «Immagino che dovrò mangiare marocchino...». «Be'... direi di sì». «E quanto al bere, soltanto acqua?» (la voce di Winston sale di tono e non promette nulla di buono). «Oh, no. Abbiamo anche...». Segue elenco dei vari alcolici di cui si poteva usufruire, potenza delle relazioni internazionali, in barba alla legge islamica. Il leone si tranquillizza. E il buon John William Wall si precipita a registrare con soddisfazione l'evento nel proprio diario. Il maggior contributo da lui fornito alla Storia dell'Inghilterra pare sia stato questo. Per il resto, fu uno scrupoloso, affidabilissimo, instancabile passacarte. Un grigio burocrate strappato (a soli 23 anni!) alle campagne dello Yorkshire e catapultato, di volta in volta, a Beirut, Jedda, Tabriz, Isfahan, Casablanca, Il Cairo, Salonicco, persino Asunción, nell'altro Mondo.

Ma l'altro Mondo che Wall amava era quello della Letteratura. «Mio padre era come il dottor Jekyll e mister Hyde. Era John William Wall ed era anche Sarban», diceva Jocelyn, la sua unica figlia. Sarban, chi era costui? Che cosa c'entra questo nome che sa di Via della Seta, o di deserto del Sahara, o di misteri della casbah, con quell'omino spelacchiato e secco come un chiodo, succube della moglie Eleanor (sposata nel '50 e dalla quale si separerà nel '71) che in famiglia portava i pantaloni? C'entra perché anche quelle sei lettere esotiche lo aiutarono a fuggire dalla triste dimensione dell'ufficialità, del dovere, del rispetto formale, per rifugiarsi in quella della fantasia. Fervida e anche piuttosto morbosa, come diremo.

Nato nel 1910 a Mexborough, figlio del custode di una stazioncina ferroviaria e di un'ex ballerina, il piccolo futuro Sarban ama andare a zonzo con il fratellone Alfred per la campagna e ben presto matura una sorta di attrazione-repulsione per i cacciatori, omaccioni rudi e sboccati che inseguono le loro prede o fanno loro la posta dando sfogo alle pulsioni omicide della specie più crudele fra quelle generate da Madre Natura, quella umana. In seguito il giovane sgobba sui libri di testo senza entusiasmo, ma con ottimo profitto, visto che arriva fino all'Università di Cambridge grazie a una borsa di studio. Sterline (e ragazze) scarseggiano, in compenso i sogni abbondano. Wall legge il poeta parnassiano James Elroy Flecker, è rapito dalle novelle zingaresche di George Borrow, matura una maniacale passione per le lingue orientali. Nel settembre del '33, quando viene assunto al ministero degli Esteri, sa di entrare per la porta di servizio nella dimora dell'Avventura. Ne uscirà l'11 aprile 1989, morendo. E godendosi il davvero meritato riposo al Fellows' Garden del Jesus College, nella sua Cambridge.

«Che cosa voglio? Che cosa mi piace? Non ne ho la minima idea. Vivere in una specie di fiaba, penso». In due righe c'è l'autobiografia di Wall alias Sarban, uno che la vita l'ha subita, più che vissuta, e che ha trovato realizzazione nell'universo parallelo della distopia, di una società estranea e ostile. Se volete, fu vittima della sindrome di Stoccolma: diplomatico, era affascinato dalla guerra; inglese, sviluppò una certa dipendenza dall'impero del male, il Terzo Reich. Siamo partiti da Churchill e a Churchill, di traverso, dobbiamo tornare, parlando di The Sound of His Horn , l'unico suo libro tradotto in italiano nel 1974 dall'editore De Carlo di Milano con il titolo Caccia alta e che ora torna fra i nostri scaffali, in nuova traduzione, da Adelphi, con il più acconcio titolo Il richiamo del corno (pagg. 191, a cura di Roberto Colajanni, con una Nota di Matteo Codignola, dal 25 in libreria).

Alan Querdilion, ex tenente della Royal Naval Reserve, è sopravvissuto al secondo conflitto mondiale, inclusi due periodi di prigionia. Il primo in un Offizierslager , un campo nazista riservato agli ufficiali nemici, e il secondo... Il secondo è l'ambientazione di questa claustrofobica novella uscita a Londra nel '52. Profondamente turbato dall'esperienza, Alan racconta all'amico e voce narrante di che cosa si trattò. Fuggito dall' Offizierslager , aveva vagato per le campagne fino a che, investito da un fascio di strani raggi, era svenuto. Risvegliatosi in un letto, di lui s'erano prese cura due infermiere tedesche. Il medico della clinica (o non era forse una prigione?), quando il paziente s'era ripreso dalle ustioni subite lo aveva accompagnato nell'immensa tenuta-foresta-labirinto del Führer locale, il Conte Johann von Hackelnberg. E qui il miracolo distopico si compie: noi lettori siamo trascinati in un videogioco ante litteram , con il Conte (incrocio fra un orco delle antiche fiabe germaniche, un signore despota altomedievale e un serial killer) e i suoi ospiti vanno a caccia di prede umane rigorosamente non ariane vestite da uccelli e quadrupedi, per poi gettarsi sulle loro carni (previa violenza sessuale sulle fanciulle, par di capire) a fine banchetto; e Alan, al quale il subdolo clinico ha rivelato di esser stato catapultato in avanti di cento anni rispetto al suo tempo illusorio, cerca una via d'uscita, insieme a una splendida ragazza-selvaggina della quale s'innamora.

Kingsley Amis, il padre di Martin, apprezzò molto l'atmosfera perversa del libro, con quel sostrato erotico e masochistico. Come molti altri, vide il dito senza vedere la luna.

La luna indicata dal dito del mite e lungimirante Sarban è l'immortalità della violenza umana, il punto di non ritorno dopo Hitler.

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