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Beyoncé e Taylor Swift, le regine del pop si dividono il mondo

Due dive oltre la musica. Che spostano opinioni, follower, investimenti. E anche voti elettorali

Beyoncé e Taylor Swift, le regine del pop si dividono il mondo

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Manco a farlo apposta sono tornate (quasi) contemporaneamente. Beyoncé ha pubblicato il nuovo disco Cowboy Carter il 29 marzo. Taylor Swift è uscita ieri con The tortured poets department, che tanto per capirci era già il più «pre-salvato» di sempre e diventerà uno dei più venduti della storia. Sono i due volti più luminosi di un pop che non è soltanto musica ma soprattutto opinioni, «product placement», implacabili motori del «brand awareness».

Se in futuro si studierà questa fase della musica popolare, loro ne saranno i simboli perché, dopo di loro, ogni aspirante popstar avrà come sogno quello di diventare come queste due o almeno provarci. Perché? Perché ogni loro mossa diventa trend, diventa una tendenza. Intanto spieghiamoci. Il nuovo disco di Beyoncé è stato anticipato come un «disco country» e anche la lista degli ospiti (oggi si dice feat.) lo confermava, da Dolly Parton a Willie Nelson. E subito, soprattutto negli Stati Uniti, è partito il dibattito sull'opportunità di una artista di colore di avvicinarsi al genere musicale più «wasp» degli Usa, dove per «wasp» si intendono i «white anglo-saxon protestant», ossia quelli che hanno fondato gli Stati Uniti. Ma come, Beyoncé Giselle Knowles da Houston, Texas, è figlia di un manager afroamericano e di una stilista creola e quindi non può cantare questa musica.

Per intenderci, qualche radio country ha addirittura escluso il brano Texas hold'em perché «noi suoniamo solo country», come a dire che quello non è «vero» country. In effetti Cowboy Carter non è un disco propriamente country, anzi. Ma la potenza di Beyoncé è non solo quella di far sapere che esiste il country a quella parte di pubblico che non aveva la minima idea di che cosa fosse, ma anche di evocare un immaginario «vintage» e di modernizzarlo, di diventare un termine di paragone per il futuro. Non a caso è l'artista femminile più premiata ai Grammy Awards (32 volte) e vanta un patrimonio che, per difetto, supera i 540 milioni di euro. E, con le sue battaglie sociali, ha raccolto denari e consapevolezza.

Invece Taylor Swift alza l'asticella non solo perché il suo patrimonio è appena stato stimato da Forbes oltre un miliardo e cento milioni di dollari e Time l'ha nominata «persona del 2023». Lei alza l'asticella perché è riuscita a creare un legame quasi simbiotico con i propri fan, che reagiscono immediatamente a ogni sollecito, condividono e applaudono ogni post rivelandosi in questo momento la fan base più selvaggia, intransigente e affezionata del pianeta. Un affetto che si toccherà con mano anche in Italia il 13 e il 14 luglio a San Siro per gli unici due concerti italiani di questa tournée delle meraviglie, l'«Eras Tour», che arriverà a incassare due miliardi di dollari. Due miliardi, capite? Per dare un termine di confronto, gli U2 con il loro giro di concerti del 2009/2001 si sono fermati quasi a un terzo, ossia a 700 milioni di dollari.

Ma c'è qualcosa d'altro che rende queste due popstar importanti come capi di Stato. Possono non soltanto modificare i punti di Pil nei vari stati (come sta facendo il tour di Taylor Swift), ma anche condizionare eventualmente le elezioni politiche.

Insomma se, per assurdo, Beyoncé facesse un endorsement a Trump, cambierebbe gli equilibri delle presidenziali. E se Taylor Swift invitasse a votare Biden, lo aiuterebbe a guadagnare la rielezione alla Casa Bianca. Un potere mai visto neanche con i Beatles o Madonna. La conferma che oggi il pop è l'arma di distrazione di massa più invasiva che ci sia.

Perché sfugge a ogni regola e raggiunge ogni età e poi provateci a fermarla.

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