Arte

La Biennale degli outsider dell'arte

Presentata la 60esima edizione curata da Adriano Pedrosa: è l'ultima del presidente Cicutto

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Con la giacca scura ma senza cravatta, i capelli bianchi non perfettamente in ordine e l'aria pacata, Adriano Pedrosa, brasiliano, 59 anni, da dieci alla guida del Museu de arte de São Paulo, a Venezia presenta alla stampa la sessantesima Esposizione internazionale d'Arte di cui è direttore, primo sudamericano nella storia. La sua Biennale aprirà al pubblico da sabato 20 aprile a domenica 24 novembre e porterà ai Giardini e all'Arsenale Stranieri Ovunque Foreigners Everywhere, un titolo, dice, è tratto da una serie di lavori realizzati al neon dal collettivo Claire Fontaine (gente seria, ma finita sulla ribalta mediatica quando Chiara Ferragni, lo scorso Sanremo, sfoggiò su una stola di Dior una loro scritta ricamata, «Pensati libera»).

Stranieri Ovunque, aggiunge subito Pedrosa, parla di noi: «Ovunque ci si trovi si incontreranno sempre degli stranieri: sono, siamo dappertutto. A prescindere dalla propria ubicazione, nel profondo si è sempre stranieri», commenta. «Io stesso vengo dal Sud del mondo e spesso ho subito il trattamento che si riserva ai migranti, anche se non sono certo un rifugiato. Sono, però, il primo curatore queer della Biennale», lo dice così, con la voce misurata, e Roberto Cicutto, presidente della Biennale fino a marzo, annuisce: in sala è presente Pietrangelo Buttafuoco, cui lascerà il testimone. «Prometto bellezza», continua Pedrosa, rivolgendosi ai numerosi giornalisti e addetti ai lavori presenti. È ricambiato da applausi. Sono infatti ottime le premesse di questo suo progetto che, con il sostegno di Swatch e con illycaffè come main sponsor, sia nel nucleo di opere storiche proposte che in quelle contemporanee, privilegia l'estrangeiro, ovvero chi non si è quasi mai visto in Laguna. «Ci saranno artisti queer, outsider, folk, indigeni», elenca Pedrosa.

L'impatto sarà evidente, immediato: il collettivo brasiliano Mahku, ad esempio, realizzerà un murale proprio sulla facciata del Padiglione Centrale. Vedremo un contemporaneo diverso dal solito: tanta pittura, scultura, arte tessile, arte che si può (di nuovo) toccare. Originale anche la rilettura del passato: il nucleo storico porta in Biennale un Novecento extra-europeo, con oltre un centinaio di artisti dall'America Latina, dall'Africa, dall'Asia e dal mondo arabo suddivisi in tre sezioni, una dedicata ai ritratti (che, a prima vista, ci pare di una bellezza quasi commovente), un'altra all'astrazione e una alla cosiddetta «diaspora degli italiani», che ebbero un ruolo fondamentale nel portare il gusto modernista fuori dall'Europa.

I lavori di questi italiani di prima e seconda generazione, come Lidy Prati e Gianni Bertini, saranno esposti su cavalletti in vetro e cemento firmati dalla geniale Lina Bo Bardi, italiana trasferitasi in Brasile e già Leone d'Oro alla memoria a Venezia nel 2021. Arte contemporanea «straniera» e un viaggio a ritroso nel «Modernismo degli altri»: a Pedrosa riesce una combinazione formidabile, necessaria. «Incarna lo spirito del tempo», commenta osservando le scelte curatoriali dei padiglioni nazionali. Che quest'anno sono 90, tra cui, per la prima volta in Laguna, tre Paesi africani (presenze importanti, anche a livello diplomatico: Etiopia, Tanzania, Benin) e Timor Leste (ex Timor Est), con il grande ritorno del Padiglione della Santa Sede che proporrà un progetto nel carcere femminile della Giudecca mentre il Padiglione Italia, alle Tese delle Vergini in Arsenale (1200 mq di spazio), vedrà la cura di Luca Cerizza e le creazioni artistiche di Massimo Bartolini ispirate al tema dell'ascolto. «La natura internazionale della Biennale ne fa un osservatorio privilegiato sullo stato del mondo attraverso la trasformazione e l'evoluzione delle arti», ha detto Cicutto. In linea con le idee di Pedrosa appaiono poi i padiglioni nazionali di Francia, Spagna, Inghilterra, che hanno coinvolto artisti «stranieri» (outsider o immigrati) e coerenti con la sua direzione sono anche i Leoni d'oro alla carriera, che il 20 aprile saranno attribuiti alle artiste Anna Maria Maiolino, brasiliana nata in Italia, e Nil Yalter, turca di stanza a Parigi.

Durante il periodo della Biennale, la Serenissima sarà punteggiata da tanti eventi collaterali (quest'anno 30) per una sessantesima edizione che porterà Stranieri Ovunque in una città di ormai solo 50mila abitanti ma che triplica, durante l'altissima stagione dell'arte, le presenze grazie «a questi viaggiatori, stranieri di tipo privilegiato, che la visitano».

A noi pare che così il direttore Pedrosa chiuda magistralmente il cerchio, portando «arte straniera» nella città più strana (straordinaria, stravagante) del mondo, capace da sempre di far sentire chi vi arriva accolto, eppure mai fino in fondo a casa.

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