Politica

«Bisogna scoprire chi finanzia le moschee più a rischio»

da Roma

«Sconcerta e addolora quanto stabilito dalla Cassazione sulla segregazione e le percosse subite da una ragazza musulmana da parte dei suoi familiari. Volevano impedirle di vivere secondo i costumi dell’Occidente, questo conferma quanto un certo mondo sia lontano dalla volontà di integrarsi in Italia. Sono risibili le parole del ministro Barbara Pollastrini che si dice colpita e ferita. Risibili, perchè la sinistra in questi anni è mancata proprio sul piano culturale e politico, non ha compreso che bisogna colpire gli estremisti che vogliono impedire ai musulmani che vivono in Italia di accettare i nostri principi, la nostra cultura, la nostra religione, la nostra lingua». È duro il commento di Andrea Ronchi, portavoce di Alleanza Nazionale, agli ultimi fatti che riguardano l’Islam italiano. Ronchi, ribadisce la posizione di An e torna a parlare dell’idea di Gianfranco Fini di far recitare le prediche in italiano all’interno delle moschee. Una proposta sposata dal centrodestra, bocciata dal centrosinistra e - a sorpresa - accolta sostanzialmente dalle rappresentanze islamiche.
I servizi segreti hanno acceso un faro sui luoghi di culto. Che ne pensa?
«Ogni 4 giorni nasce un nuovo centro islamico. I dati sono preoccupanti perché questi nascono come luoghi di culto moderati, ma sono esposti all’estremismo. Qui i fondamentalisti lavorano per infiltrarsi. Nei giorni successivi alla proposta del presidente Fini, molte moschee hanno ricordato che la pratica della predicazione nella doppia lingua era già largamente in uso, ma non è di queste che dobbiamo preoccuparci. Il problema nasce nelle «micromoschee» che non sono censite».
Non è una limitazione della libertà religiosa?
«La proposta di Fini è un innvito al buon senso. Non si tratta di controllare o limitare la libertà di culto, noi vogliamo semplicemente sapere chi insegna che e come lo fa».
La sinistra è stata critica.
«Le critiche della sinistra sono risibili, all’insegna del buonismo. La proposta di Fini è stata bocciata a priori in nome di una chiusura ideologica e culturale. Questo atteggiamento della sinistra è alla base dell’insicurezza del Paese e non parlo solo delle moschee, perchè questo modo di pensare ha creato anche il fenomeno dei centri sociali, che invece di essere luoghi di aggregazione spesso si trasformano in luoghi dove si fiancheggia l’eversione».
Torniamo al problema del fondamentalismo islamico. Soluzioni concrete?
«Bisogna chiudere quelle realtà che rappresentano un pericolo per la sicurezza, ovviamente quando se ne ha la certezza. E’ venuto il momento per chi è al governo di compiere atti concreti e, se del caso, scelte anche impopolari».
Non si rischia di creare contrapposizione?
«Sì se la situazione non viene normalizzata, anche attraverso la creazione di un registro degli Imam, dando un nome e un volto a coloro che insegnano la fede islamica. Diversamente il vero rischio è il razzismo. L’Italia non è un paese razzista, ma questo non significa essere deboli. Noi di An siamo i primi a cercare soluzioni per tutti gli immigrati che vengono a lavorare, non per quelli che vogliono delinquere».
Souad Sbai (presidente delle donne marocchine in Italia) dice che bisognerebbe rendere obbligatoria per gli immigrati la conoscenza dell’italiano per avere il permesso di soggiorno. È d’accordo?
«Sono da sempre al fianco di Souad Sbai, ma la conoscenza della lingua da sola non basta. Ciò che è imprescindibile è il rispetto delle regole, dell’identità e del Paese che li ospita».
Bisogna dialogare.

Ma chi sono gli interlocutori?
Sicuramente non con l’Ucoii che lo scorso anno ha pubblicato sui giornali una pagina ignobile contro lo stato di Israele. Noi ci rivolgiamo a tutta quell’area islamica moderata e a cui chiediamo di battere un colpo e affrontare anche il tema economico: cioè quali sono i canali di finanziamento delle moschee, specie di quelle più piccole».

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