Economia

Brescia leader mondiale del caviale, ma coltivato

Azienda lombarda star della produzione. Frodi e inquinamento incrinano la supremazia di quello russo

Lavinia Borea

da Milano

«Alcune persone vorrebbero champagne e caviale quando dovrebbero avere birra e hot dog», diceva il presidente Eisenhower. In questo periodo di festività forse il caviale sarebbe più adatto, ma gli Stati Uniti da pochi mesi hanno messo al bando le importazioni di Beluga dal Mar Caspio.
La United States Fish and Wildlife Service ha limitato le importazioni, per garantire la continuità dello storione. Il pesce preistorico, in circolazione da 250 milioni di anni, è oggi minacciato da inquinamento e pesca eccessiva. «L’inquinamento è notevole, ma la soglia di tossicità per l’uomo non viene raggiunta», rassicura il professor Paolo Berni, docente di Acquacoltura alla Facoltà di Agraria dell’Università di Pisa. «Il problema è che le mamme storione intossicate creano piccoli con malformazioni, incapaci di avviare la riproduzione. Questa, oggi, avviene quasi esclusivamente nelle avannotterie, le incubatrici per i pesci. Il problema è che non si riesce a tenere il passo con la domanda». Il caviale russo non è presente sui mercati mondiali da almeno due anni. Secondo Sandro Cancellieri, amministratore delegato di Agroittica Lombarda, azienda di Viadana di Calvisano (Brescia), i motivi sono sostanzialmente due.
Già in passato in Russia furono sequestrate 3-4 tonnellate perché, come sottolineato dalla Pravda, ritenute «inidonee al consumo umano» e l’amministrazione Putin potrebbe temere un nuovo scandalo. La seconda motivazione è che i nuovi milionari nazionali ne fanno incetta e quindi il caviale russo viene consumato internamente. I problemi della Russia aprono così il campo a Iran, Kazakystan e Azerbaijan che insieme producono caviale selvatico per un totale di circa 85 tonnellate. L’Iran fa la parte del leone con 66 tonnellate e ovviamente ha portato i prezzi ai massimi. Il costo del caviale iraniano per gli importatori si aggira intorno ai 170 euro per 100 grammi, il che vuol dire 250-300 euro per etto nelle gastronomie. Prezzi astronomici, rischio di tossicità e incertezza sulla provenienza aprono il campo al caviale coltivato.
«Oggi il caviale di allevamento ha una valenza superiore a quello selvatico - dice Cancellieri -, non è inquinato, è sicuro, controllato, prodotto in quantità stabili e coerenti e non è soggetto alle bizzarrie della pesca e dei bracconieri. I prezzi, inoltre, sono sicuramente più accessibili, intorno ai 125 euro per 100 grammi».
La produzione mondiale di caviale da allevamento si aggira oggi intorno alle 50-60 tonnellate annue. E l’Italia, con Agroittica Lombarda, è oggi leader mondiale nella produzione di caviale coltivato, seguita da Francia (13-14 tonnellate), Stati Uniti (9-11 tonnellate) e Uruguay che alleva storioni nel Rio Negro, con circa 5 tonnellate annue. I cinesi minacciano di affacciarsi sul mercato con una produzione di 40 tonnellate entro il 2010.

Sembra che da oltre 4 anni stiano facendo attività di popolamento degli storioni ma per ora le «perle nere» di Pechino non sono ancora apparse.

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