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C'è la fiducia sulla manovra: cala il consenso al governo Monti: "Non pagano i soliti"

La manovra è legge con 24 sì in meno rispetto a novembre. Monti difende il decreto: "Abbiamo eliminato un elemento di vulnerabilità nostra e dell'area euro"

C'è la fiducia sulla manovra: cala il consenso al governo Monti: "Non pagano i soliti"

Con 257 sì - 24 in meno rispetto a novembre - la manovra economica è legge, dopo che ieri sera il governo ha posto la fiducia tra i fischi della Lega. I no sono stati 41. Per diventare effettiva dovrà ora essere firmata da Napolitano e pubblicata sulla Gazzetta ufficiale. E con il voto di oggi il Senato si fermerà fino al 10 gennaio per la pausa natalizia.

Mario Monti ha accolto soddisfatto la notizia e ha ribadito che "la fase due è già cominciata, era dentro la fase uno. Adesso verrà sviluppata a grande velocità". Poco prima, davanti all'aula di Palazzo Madama, il premier ha difeso il suo decreto "di estrema urgenza", ricordando che in questo modo l'Italia può affrontare la "gravissima" crisi "a testa alta", onora gli impegni presi con la Ue e ha "eliminato un elemento di vulnerabilità nostra e nell’area euro". Ma soprattutto non è vero che pagano i soliti noti: "È uno slogan rituale, ripetitivo e privo di fondmento".

Solo dopo aver rispettato gli impegni il Paese potrà chiedere all'Europa di lavorare per la crescita, ma l'Unione - che non deve apparire "fredda e insensibile" nei confronti dei cittadini - richiede l’unanimità e comporta "la necessità di persuadere altre 26 stati membri: noi opereremo molto fortemente per far cambiare la politica europea in questo senso e questo sarà il nostro impegno". Ma Monti ribadisce che "non c’è crescita senza disciplina finanziaria, non c’è stabilità se bilanci non sono in ordine".

Per risanare i conti, però, per il premier è "essenziale che tutti noi guardiamo con fiducia ai Buoni del tesoro italiano ed è essenziale che gli italiani li sottoscrivano. Dobbiamo avere fiducia in noi stessi". Monti ha parlato anche del dopo manovra: "La fase 2 in cui ci inoltreremo è già dentro la fase 1: la gestione dell’emergenza si poteva fare in molti modi, alcuni anche più semplici da mettere in atto ma ci avrebbero allontanato anzichè avvicinato dai percorsi che riteniamo strutturalmente corretti per la crescita". Sulle contestazioni della Lega, il presidente del Consiglio ha poi aggiunto di non aver mancato di rispetto al Parlamento: "Sappiamo tutti che è profondamente vero il contrario".

Dopo un iniziale sostegno assoluto, le forze politiche ricordano al governo tecnico che senza un confronto si rischia di andare al voto subito. Silvio Berlusconi ieri sera ha ricordato a Monti che il Pdl resta il partito di maggioranza e che il governo deve "relazionarsi con noi prima di portare qualsiasi provvedimento in Parlamento". Dal canto suo Pierluigi Bersani critica l'esecutivo sull'ipotesi di una riforma del lavoro che riveda l'articolo 18. In ogni caso sia Pdl che Pd hanno approvato la fiducia oggi, così come ci si aspetta dal Terzo Polo.

Contro il governo, invece, si schiera la Lega Nord, che ieri ha fischiato il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda. Per le contestazioni di ieri, tra l'altro, il capogruppo della Lega, Federico Bricolo, l’ex ministro Roberto Calderoli e gli altri senatori del Carroccio sono stati censurati dal presidente del Senato, Renato Schifani.

Se quello del Carroccio era scontato, meno atteso era il voto negativo dell'Idv: i 12 senatori esponenti del partito di Antonio Di Pietro hanno votato contro la fiducia al "governo dei banchieri", a differenza di quanto fecero il 17 novembre, quando l'esecutivo si è insediato. No anche da parte di Svp, Uv e dal senatore Pdl Esteban Caselli.

Assenti, invece, Giuseppe Ciarrapico, l’ex Guardasigilli Francesco Nitto Palma, Alfredo Mantovano, Claudio Fazzone, Antonio Paravia e Piero Longo (impegnato a Milano per il processo Mills), tutti in quota Pdl. Mancavano, inoltre, Marco Filippi, Adriana Poli Bortone e Giuseppe Menardi (Coesione nazionale); Vincenzo Oliva (Mpa); Barbara Contini e Egidio Digilio (Fli); Adriano Musi, Vladimiro Crisafulli, Sergio Zavoli e Nino Randazzo (Pd). Hanno disertato l'aula anche i senatori a vita Giulio Andreotti, Carlo Azeglio Ciampi, Rita Levi Montalcini, Sergio Pininfarina e Oscar Luigi Scalfaro.

Il testo del decreto salva-Italia è lo stesso approvato venerdì scorso dalla Camera e ora vale 39,97 miliardi di euro tra 2012 e 2014.

Di questi, 21,43 miliardi serviranno per ridurre il deficit, mentre 18,54 miliardi sono destinati al rifinanziamento di spese indifferibili e a interventi di stimolo alla stagnante attività economica.

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