Politica

Caduto un nuovo Muro

La guerra di Troia durò dieci anni e così la morte del Diritto che ha perseguitato Cesare Previti e gli altri imputati per due lunghi, dolorosi, sofferti lustri.
Ora, il novello Omero di piazza Cavour ha scritto la sentenza che chiude dieci anni di forzature e di letture parziali e distorte della legge.
Constato quest’oggi con gioia che c’è un giudice non a Berlino, ma a Roma, nel pieno centro della capitale, a riprova del fatto che alla fine, stringendo i denti, il bianco torna bianco e il nero nero.
L’annullamento del procedimento Ariosto-Sme con rinvio a Perugia è uno schiaffo sonoro al rito ambrosiano, alla giustizia fondata sulle inferenze e sulle induzioni, quasi mai sulle prove.
Il palazzo di giustizia di Milano adesso traballa ed i suoi protagonisti di un tempo, da Colombo sino alla Boccassini, hanno di che riflettere sulle loro improvvide sicumere.
La difesa di Previti, anzi tutte le difese denunciarono subito l’incompetenza territoriale di Milano, con mille ragionevoli e fondati argomenti.
Non ci fu nulla da fare.
Milano tenne duro nella pretesa di indagare e giudicare Berlusconi, Previti e quant’altri, nonostante la dottrina, il diritto, il buon senso stesso dicessero il contrario.
Via giudiziaria al socialismo? Non so, certo che in molti pensarono ad una impudente persecuzione politica.
Comunque sia stato, il castello dei pubblici ministeri adesso è crollato miseramente.
Un altro Muro è caduto, anzi s’è sgretolato ed è imploso, come è fatale che accada a certe muraglie.
L’annullamento del processo Sme significa, fra l’altro, che anche il procedimento Imi-Sir non sta in piedi, visto che proprio dal troncone Ariosto-Sme prese le mosse il processo che costringe oggi Previti, l’Aiace che ha resistito all’intera guerra di Troia scatenata da Milano, agli arresti domiciliari.
Sorge, adesso, una domanda. Come mai la stessa sesta sezione della Cassazione, quella che aveva confermato la condanna di Previti per l’Imi-Sir, adesso cambia totalmente parere?
Cosa è cambiato?
È cambiato semplicemente il presidente. Non c’era Giangiulio Ambrosini, l’annoso conclamato militante di Md, ma toghe meno sovraesposte e, forse, più daltoniche.
Ambrosini, a cui accordiamo la massima buona fede, diede, quanto meno nell’apparenza, l’immagine sgradevole di un antagonista di Previti e della sua area politica, la qualcosa forse serve a ribadire che un giudice politicizzato, anche per non creare inutili eppur gravi turbolenze, dovrebbe, comunque, astenersi quando l’imputato è suo dichiarato avversario politico.
In più c’è un’altra conseguenza devastante per il rito ambrosiano: a Perugia, forse si potrà scardinare il fortino inviolabile del famigerato fascicolo 9520.


E allora, forse, saranno guai per la giustizia milanese e per l’intero circo mediatico-giudiziario che ha spadroneggiato dal 1992 sino ad oggi.

Commenti