Mondo nel pallone

Vent'anni dopo, Milano "capitale" europea del calcio italiano

Dal 2003 al 2023, il derby di semifinale vent'anni dopo. Milan e Inter sono totalmente cambiate, e così la città. Ma non la passione e la scenografia di San Siro

12 maggio 2003, semifinale di ritorno di Champions League, Inter-Milan 1-1. Duello tra futuri Palloni d'Oro: il centrale dell'Inter Fabio Cannavaro contro la punta del Milan Andrij Shevchenko
12 maggio 2003, semifinale di ritorno di Champions League, Inter-Milan 1-1. Duello tra futuri Palloni d'Oro: il centrale dell'Inter Fabio Cannavaro contro la punta del Milan Andrij Shevchenko

Milano, ieri come oggi. Il 2023 come il 2003. Torna il Derby di semifinale in Champions League. La capitale europea del calcio italiano è ancora la città di Sant'Ambrogio. Milan-Inter è la partita più bella perché la più insperata. Un bagno di rinascita per il calcio italiano: dire solo dodici mesi fa che Milan e Inter sarebbero giunte a questo punto della stagione a giocarsi l'accesso alla finale di Champions League in programma a Istanbul il 10 giugno sarebbe stato decisamente azzardato. Stefano Pioli da un lato, Simone Inzaghi dall'altro: i Normal One delle due sponde di Milano cercano il loro posto al Sole mentre nell'altra semifinale ci sarà la partita a scacchi tra Carlo Ancelotti, alla guida del Real Madrid, e Pep Guardiola, che cerca di rompere una maledizione lunga dodici anni col Manchester City.

Milan-Inter, ieri e oggi

Dal 2003 al 2023 passa un lungo film in cui tutto è cambiato. Allora Milano borghese, ancora piena di spirito ambrosiano, laboriosa e a misura d'uomo di Gabriele Albertini ai tempi programmava il grande salto, progettava rivoluzioni urbane come Porta Nuova, pensava a una città in corsa ma a misura di uomo. Oggi ha lasciato spazio al rampantismo yuppie di Beppe Sala, a una città diventata polo mondiale del fashion, del design e della moda, piazza di innovazione e finanza tra le maggiori in Europa, polo tecnologico ma anche capitale economica sempre più disuguale. Non ci sono più le grandi proprietà ambrosiane dell'epoca: Silvio Berlusconi è passato alla sponda monzese, Massimo Moratti ha ceduto la mano a Eric Thohir e questi all'attuale patron Suning e al presidente Steven Zhang.

Il derby del 2003 fu la cavalleresca battaglia tra due società di stirpe italiana. Oggi è una manifestazione calcistica della Guerra Fredda 2.0: la proprietà cinese dell'Inter e quella americana di Redbird del Milan. Nel 2003 Berlusconi era presidente del Consiglio e aveva appena nominato ai vertici di Enel, per poi spostarlo dopo a Eni, il top manager Paolo Scaroni. Oggi Scaroni è presidente del Milan e prossimo al ritorno in Enel come presidente. Zhang nel 2003 aveva 12 anni, ora vuole diventare il primo presidente cinese a vincere la Champions League. I capitani di allora, Paolo Maldini e Javier Zanetti, sono uomini-simbolo delle squadre anche adesso, ma a livello dirigenziale.

Rispetto al 2003 non c'è più nemmeno la regola dei gol in trasferta, allora decisiva. Il derby della primavera 2003 fu "vinto" dal Milan dopo due pareggi. 0-0 all'andata, 1-1 al ritorno. A condannare l'Inter all'eliminazione fu la beffa del sorteggio che al ritorno la classificava, ufficialmente, come squadra di casa. I milanisti ancora ricordano la parata miracolosa di Christian Abbiati su Mohammed Kallon che salvò l'1-1 nella gara di ritorno.

San Siro non passa mai

Una sola costante unisce il 2003 al 2023: San Siro. La Scala del Calcio ieri come oggi teatro della grande partita. Nonostante Scaroni e Zhang, con le rispettive società, siano desiderosi di guardare oltre l'antica storia dello stadio meneghino, nonostante la volontà di svolta dello stesso Sala, nonostante il passare del tempo San Siro resta. Sarà stadio olimpico per la prima volta nella storia alle Olimpiadi Invernali del 2026. Come un potere frenante, è presidio di una Milano che fu nella Milano dalla crescita vorticosa.

A Milano Sud, dalle parti di Via Ripamonti, fremono i preparativi, crescono a dismisura le gru e si moltiplicano i perimetri d'intervento per il Villaggio Olimpico, estremo perimetro di gentrificazione per le Olimpiadi invernali in una città senza neve. Ma il simbolo dei Giochi sarà sempre lui, San Siro.

La grande sfida tra Cuper e Ancelotti

Laddove vent'anni fa andarono in scena due drammatiche partite, oggi l'adrenalina è allo stesso livello. Nel 2003 Carlo Ancelotti sedeva sulla panchina rossonera, Hector Raul Cuper, il miglior "perdente" della storia del calcio recente, su quella nerazzurra. Le due semifinali furono un lancio di moneta. Andrij Shevchenko, Filippo Inzaghi, Rui Costa le stelle in casa Milan. Un funambolico duo d'attacco formato da Alvaro Recoba e Herman Crespo guidava l'Inter. Shevechenko al ritorno posizionò il Milan mettendolo in condizione di portarsi in vantaggio dopo un'anadata bloccata e tesissima. Il giovane Obafemi Martins, nigeriano soprannominato "Oba Oba" pareggiò i conti, prima del miracolo di Abbiati, eroe per una sera in sostituzione dell'infortunato Dida, che sarebbe stato l'eroe della finale di Manchester con la Juventus, vinta dal Milan ai rigori.

Quell'Inter era una macchina ben rodata e incompiuta. Nel 2002 aveva perso lo scudetto all'ultima giornata nel fatidico 5 maggio, in estate aveva salutato il Pallone d'Oro e campione del mondo Ronaldo, passato al Real Madrid, l'anno successivo andò vicina nuovamente al titolo, finì seconda dietro la Juventus e rimase senza trofei nonostante un Bobo Vieri alla miglior stagione della carriera: 24 gol in 23 partite in campionato, ma anche tanti infortuni che lo avrebbero tenuto lontano dal campo dalle semifinali. Il Milan invece beneficiò della stagione d'oro di Inzaghi, fratello di Simone, e dei gol pesanti di Shevchenko, uomo di coppa. Godette delle parate di Dida e dell'aiuto degli Dei del calcio: all'Inter mancava Vieri in semifinale, alla Juventus sarebbe mancato il futuro Pallone d'Oro Pavel Nedved per squalifica in finale.

Gli occhi del mondo su Milano

Oggi il clima è diverso. Milan e Inter vedono la semifinale con l'occhio della splendida opportunità inattesa in partenza. Se non fosse un derby, si potrebbe già gridare al risultato soddisfacente per entrambe. Arrivano a fari spenti, lontanissime dal Napoli già laureatosi padrone dello scudetto, battagliando singolarmente per la Champions su due fronti: per il quarto posto in Serie A, per la finale di Istanbul in Coppa. Ma l'Europa è al centro in ogni caso. Milano è la capitale europea del calcio italiano e il fatto che su due fronti la posta sia comune e, tutt'altro che metaforicamente, Milan e Inter siano in corsa per vincere la Champions senza essere certe di poter giocare l'edizione dell'anno prossimo aggiunge complessità e ulteriore clamore alla sfida.

La valanga di richieste di biglietti, sufficienti a colmare ventisei volte San Siro (2 milioni di persone in fila per ricevere la possibilità di accedere a una delle due semifinali) testimonia il carattere di una partita di risonanza mondiale. E trasmette fiducia anche per la Serie A. Nel 2003 come nel 2023 il Vecchio Milan e la Beneamata sono la trincea del calcio italiano che si vuole affermare in Europa. Incarnano i due volti di una Milano radicalmente cambiata nell'ultimo ventennio ma costante nella passione per una sfida che non accenna a voler declinare nell'era del calcio globalizzato, degli emiri e dei contratti miliardari. Ieri come oggi, è Milan-Inter.

E non potrebbe esserci notizia migliore.

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