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"Voglio acquistare il Bari con amici imprenditori": la nuova vita di Rivera

Gianni Rivera ha intenzione di acquistare la società di calcio del Bari: ecco le dichiarazioni del Golden Boy italiano, la voglia di fare l'allenatore e una riflessione sul calcio moderno

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A quasi 80 anni (li compirà in agosto), uno dei più forti calciatori italiani di sempre, Gianni Rivera, è pronto per iniziare una nuova avventura nel mondo del calcio ma stavolta come imprenditore e allenatore. Il nostro "Golden Boy", infatti, sarebbe pronto ad acquistare il Bari Calcio assieme ad alcuni amici imprenditori.

Le intenzioni di Rivera

"Una ventina di giorni fa ho avuto un contatto telefonico con il sindaco Antonio Decaro, gli abbiamo fatto presente che siamo disponibili ad acquistare la società - ha affermato l'ex calciatore al Corriere della Sera - L’idea di portare una squadra dalla B alla A mi è sempre piaciuta. Ho anche l’Academy Gianni Rivera che potrebbe crescere molti giovani", ha aggiunto. La pista che lo porterebbe in Puglia, però, non è l'unica strada percorribile: la proposta è arrivata dopo la sfortunata sconfitta contro il Cagliari che è costata la serie A nel prossimo campionato ma, se non dovesse concretizzarsi, "siamo aperti ad altre offerte".

La voglia di allenare

Prima di quest'idea, però, Rivera aveva iniziato il percorso per diventare un allenatore professionista acquisendo il patentino ma la pandemia ha bloccato il suo progetto. "Carlo Tavecchio - ha aggiunto -sei anni fa mi voleva c.t. della Nazionale al posto di Giampiero Ventura dopo la mancata qualificazione al Mondiale di Russia. Ma non avevo il patentino di allenatore e allora…", non se ne fece nulla. Ecco che lo stesso Tavecchio chiese a Ceferin, attuale presidente dell'Uefa, di poterlo avere di diritto dopo quanto avesse fatto sul campo ma la risposta fu negativa con il corso di Coverciano "inevitabile".

A chi gli chiede se non sia un poì troppo tardi paragonandolo a Trapattoni che smise con la panchina dieci anni fa, Rivera risponde di avere l'esperienza necessaria per aver "sempre fatto l’allenatore in campo…" ma che, effettivamente, sente di aver sbagliato a non intraprendere prima questa carriera ma appena finito di calciare il pallone iniziò la sua carriera dirigenziale e politica diventando il vicepresidente del Milan con Felice Colombo. "Spingemmo Fabio Capello a fare il corso allenatori e io potevo farlo insieme a lui ma allora mi sentivo più dirigente che mister. Poi sono entrato in politica e per vent’anni la mia vita è stata quella", ha sottolineato.

Il calcio moderno

Il calcio attuale è profondamente diverso dal passato, lo sappiamo tutti, a iniziare dai moduli e dall'impostazione del gioco: l'ex attaccante non fa mistero di preferire quello di un tempo analizzando la costruzione dal basso che impongono molti allenatori ai propri calciatori per impostare le azioni d'attacco. "Sa che credevo fosse imposta da un nuovo regolamento? - dice al giornalista - Una tattica che andrebbe abolita per legge. Con questa idea di calcio io il 4-3 di Italia-Germania non avrei mai potuto segnarlo". Infine, una battuta sull'Inter a lui che è sempre stato rossonero nell'anima quando gli viene chiesto cosa sia accaduto durante la finale di Champions League e per chi abbia fatto il tifo. "Ai nerazzurri è successa la stessa cosa che è successa al Milan in semifinale contro l’Inter. Sbagliare due gol è costato il risultato. La Champions non perdona - ha concluso -Faccio sempre il tifo per le squadre italiane.

Se poi l’italiana si chiama Inter pazienza, va bene anche quella…".

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