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La carica dei 307. Ecco perché i milionari italiani sono sempre di più

Il nostro Paese è al decimo posto nel mondo. I paperoni detengono il 20,9% della ricchezza e fra quattro anni sarà il 23,9. Crolla il patrimonio del cittadino medio: la colpa è tutta delle case che dal 2011 hanno perso il 18% del loro valore

La carica dei 307. Ecco perché i milionari italiani sono sempre di più

Essere ricchi è talvolta una schiavitù, di solito una preoccupazione. A sostenerlo era Seneca, teorico dello stoicismo e della vita frugale (lui, per altro, era nato più che benestante). E se il filosofo della Roma imperiale aveva ragione, a essere preoccupate oggi in Italia sono ben 307mila famiglie, quelle che hanno un patrimonio finanziario almeno pari a un milione di dollari. Tutte insieme possiedono più di un quinto della ricchezza del Paese (esattamente il 20,9%), ma, proprio come insegnava Seneca, anche per loro non sono solo rose e fiori. Nel 2016 i milionari di tutto il mondo hanno visto aumentare beni e patrimonio rispetto all'anno precedente. La crescita della ricchezza della «superclass» è stata in media del 5,3% a livello globale, mentre in Europa si è fermata al 3,2%. Agli italiani, però, è andata peggio che a tutti. E l'anno scorso il valore dei loro beni al sole è rimasto fermo, se non lievemente arretrato.

Colpa di molti investimenti, soprattutto azionari e obbligazionari, che non hanno dato i frutti sperati. Ma non bisogna intristirsi più di tanto, avverte Boston Consulting Group, società di consulenza che nelle settimane scorse ha presentato il suo annuale Rapporto sulla ricchezza. Negli anni a venire i milionari della Penisola vedranno i loro conti rimettersi in sesto e tornare a crescere. Non solo: aumenteranno i patrimoni ma anche gli appartenenti alla categoria, che si faranno strada grazie alla creazione di nuova ricchezza. Il risultato è che il tesoro della classe «affluente» tricolore crescerà da 4.500 a 5.200 miliardi e i super ricchi, che a quel punto raggiungeranno il numero di 433mila famiglie, controlleranno il 23,9% della ricchezza nazionale.

INDIA BATTE ITALIA

Sembrano numeri di una marcia trionfale e invece in questo, come in molti altri campi, la Penisola deve fare i conti con i nuovi equilibri dell'economia globale che vedono l'emergere di inedite aree di sviluppo. Negli ultimi anni, quanto a numero di milionari (e con il termine si intendono coloro che hanno disposizione un patrimonio investibile di almeno un milione, esclusi dunque i mezzi immobilizzati nella casa di proprietà) ci siamo assestati sempre intorno al decimo posto mondiale. Primi sono gli Stati Uniti, secondo i cinesi (vedi anche la tabella in pagina). Di qui al 2021 a fare boom saranno le classe agiate asiatiche, con il patrimonio dei milionari di Pechino e dintorni destinato a crescere di 1,8 volte (sempre però in seconda posizione rispetto agli americani). Quanto agli italiani saranno superati per consistenza patrimoniale dagli indiani che vedranno i loro beni moltiplicarsi di due volte e mezzo e che tra quattro anni ci batteranno per 5.600 miliardi contro 5.200.

Complessivamente a livello mondiale le famiglie milionarie (più o meno l'1% del totale) oggi hanno beni per la bellezza di 166.500 miliardi di dollari, oltre il 40% della ricchezza finanziaria totale. E nei prossimi anni la loro quota del patrimonio globale crescerà ancora. Fino, dice il Boston Consulting Group, a toccare e superare i 223mila miliardi, con un tasso di crescita del 5/6%, simile o appena superiore a quello dell'incremento dei patrimoni dei Paperoni italiani. In tutto il mondo dunque la fetta dei ricchi aumenta e le diseguaglianze sembrano destinate a crescere. Un po' quello che è successo nei Paesi avanzati negli anni della grande crisi. Ma da questo punto di vista l'Italia non è messa male: le statistiche, pur lontane dai modelli egualitari della Scandinavia, sembrano metterci al riparo da contrasti sociali legati a clamorose disparità di reddito. A fare testo in questo campo è un indice elaborato da uno studioso italiano, Corrado Gini, fondatore negli anni 20 dell'Istituto centrale di statistica, progenitore dell'attuale Istat.

L'indice di Gini, come è appunto detto, varia da un valore di uno (100% in termini percentuali, situazione puramente teorica di massima diseguaglianza, in cui tutto il reddito di un Paese finisce nel portafogli di un individuo solo) a un valore di zero (eguaglianza massima, tutti guadagnano uguale, è il caso esattamente opposto al precedente). Tra i Paesi più egualitari ci sono quelli del Nord Europa (nel 2015 l'indice di Gini della Finlandia era 21,5) tra quelli più diseguali molte nazione africane (l'indice del Sudafrica supera i 62). Gli Stati Uniti fanno segnare un rispettabile (e sotto certi aspetti preoccupante) 45, mentre l'Italia, come detto, non sfigura: dopo un picco negli anni peggiori della crisi, in cui si superò una valore di 32, tra il 2015 e il 2016 l'indice è sceso dal 30,4 al 30,1, in media, anche come andamento, con gli altri paesi dell'Ocse. Merito di un aumento del reddito reale che nel 2016 ha toccato l'1,6% e di un recupero del 3% dal 2013 (e che però resta inferiore dell'8,1% rispetto al valore del 2007).

PATRIMONIO BYE BYE

Se dal reddito si passa, però, al patrimonio, per l'italiano medio le cose di recente non sono andate particolarmente bene. Soprattutto se si fa un paragone con i cugini ricchi di cui si è parlato sopra. Il problema è uno solo: i prezzi delle case. Secondo i dati dell'Istat la perdita di valore delle abitazioni è stata, per limitarsi agli ultimi tre anni, dello 0,7% nel 2016, del 2,6% nel 2015, del 4,4% nel 2014. Il calo, insomma è in via di rallentamento. E anzi, nell'ultimo trimestre del 2016 i prezzi hanno fatto segnare un aumento, sia pure dello 0,1%, che da tempo non si vedeva. Una luce in fondo al tunnel, ma sempre troppo poco per pesare in modo significativo sulla tendenza negativa. Secondo i dati dell'Istat tra il 2011 e l'anno scorso il calo nei prezzi delle abitazioni è stato circa del 18%. E questa diminuzione ha danneggiato più l'italiano medio che quello ricco. Come mai? Perché l'abitazione di proprietà pesa proporzionalmente di più nei portafogli delle famiglie con redditi medi e medio-bassi, mentre i cosiddetti «affluenti» hanno potuto compensare le perdite in conto capitale legate all'abitazione con l'andamento positivo dei mercati finanziari rispetto agli anni più negativi.

Ma quanto pesa una casa nei bilanci della famiglia media? Una recente indagine di Dipartimento delle finanze e Agenzia delle entrate attribuisce un valore alle abitazioni dei milioni di signor Rossi delle Penisola (per la cronaca la superficie standard, tra abitazione principale e seconde case, è di 117 metri quadrati). Come ovvio i prezzi variano da zona a zona, da regione a Regione: per le prime case si va dai 317mila euro dell'Alto Adige ai 95mila della Calabria. La media nazionale parla di un valore di 187.000 euro. Per molti è l'unico bene patrimoniale. Che si accompagna nella Penisola a un dato positivo. Mentre nel resto d'Europa i debiti delle famiglie pesano intorno al 61% del prodotto interno, in Italia la percentuale scende al 43%. A noi italiani piace dunque il mattone e, se possiamo, evitiamo i «buffi».

Ma questo è un problema che di solito i milionari non hanno.

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