Cronache

Cento pittori del passato colgono i fiori del barocco

Irene Liconte

La mostra «I fiori del barocco», oltre 100 dipinti esposti in cinque sezioni tematiche tra Palazzo Rosso e Palazzo Bianco fino al 25 giugno, trae occasione dalla prossima apertura di Euroflora ma non è incentrata sul solo tema floreale. La pittura genovese del primo '600 risentì potentemente dell'influsso della pittura fiamminga, importata dagli artisti che dalle Fiandre si recavano in Italia. Molti di loro, sulla strada per Roma, si fermarono invece a Genova, all'apice della potenza e ricca di facoltosi committenti. Un'aristocrazia «sui generis» quella genovese, con una vocazione commerciale, quasi «borghese», che la rese aperta alla novità dei soggetti fiamminghi di vita quotidiana. Così la pittura barocca dei primi del '600 rivoluzionò l'iconografia classica, preferendo ai temi religiosi e mitologici squarci di vite umili, raccolte nella prima sezione della mostra. Nel «Mercato» proveniente dall'Albergo dei Poveri le figure umane furono ritratte da Domenico Fiasella, mentre l'Olandese Giacomo Legi dipinse le nature morte. Nature morte sempre «animate», in cui non manca mai cioè un elemento vitale, ci spiega Anna Orlando, la curatrice della mostra: nella «Dispensa» di Giacomo Legi un gatto si protende verso la tavola per sgraffignare della selvaggina, sotto lo sguardo vigile del domestico inondato da una luce già caravaggesca.
La seconda sezione è dedicata all'osservazione della natura e del paesaggio: spiccano «telette» di piccole dimensioni che rappresentano animali ritratti dal vero. I dipinti di paesaggi alternano scorci di natura popolati di un'umanità che fatica, come «Paesaggio con contadini che raccolgono le zucche» di Antonio Travi, a radure e boschi pullulanti di aristocratici che si svagano, come in «Nobili intrattenimenti in campagna» di Jan Wildens. La pittura di genere secentesca trionfa nelle raffigurazioni di fiori nella terza sezione, dedicata ai fiori nei ritratti: la valenza simbolica dei fiori è evidenziata dal rilievo dato in ogni quadro a un singolo fiore, che si disperderà invece in composizioni ridondanti di ghirlande e mazzi tra fine '600 e inizio '700, con l'affermazione del rococò.
La quarta e la quinta sezione sono allestite a Palazzo Bianco, dove il tema «Il fiore nel sacro» è svolto da immagini di santi e del Salvatore incorniciate di ghirlande, secondo un modello fiammingo, e da dipinti raffiguranti la Madonna e numerose sante, da S. Zita a S. Rosalia, con il loro fiore d'elezione, la rosa. Nella seconda metà del seicento divampa la crisi innescata dalla terribile peste del 1628: il desiderio di evasione dalla realtà prevale così sul naturalismo dei primi decenni del secolo. Si torna quindi, nella sezione «Il fiore nelle allegorie profane», alle scene mitiche, come «Rinaldo e Armida» del Fiasella, in cui la maga si avvale delle essenze dei fiori per incantare il cavaliere. All'angoscia della morte non si riesce però a sfuggire: in «Giovinezza insidiata dal tempo» di Domenico Piola un vecchio alato con una falce, allegoria del Tempo, porge una rosa a una ragazza che si specchia, metafora della caducità della bellezza.
La mostra è aperta martedì, mercoledì, giovedì e venerdì dalle 9 alle 19, sabato e domenica dalle 10 alle 19 (lunedì chiuso); l'ingresso costa: 7 euro.

I possessori di un biglietto d'ingresso ad Euroflora avranno diritto ad un biglietto ridotto e ad un'entrata gratis per un accompagnatore.

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