Che male c’è a capire l’Islam?

Gentile redazione, mi riferisco all’articolo a firma Diego Pistacchi: «A scuola di Islam prima della comunione» apparso oggi sull’edizione di Genova.
Cosa c’è di male se una scuola invita qualcuno a spiegare cosa è l’Islam (o il Buddhismo o il Confucianesimo)?
Secondo me, invece, c’è molto di bene nel mostrare ai bambini che il mondo è più grande, vario e bello del pezzetto che conosciamo tutti i giorni. È importante che, attraverso la conoscenza dell’altro, i bambini capiscano che essere diversi non significa essere peggiori di noi. Direi, inoltre, che è preciso dovere di un insegnante serio fornire ai suoi alunni gli strumenti per verificare se quanto «si sente in giro» sui musulmani risponde a verità, in modo che possano imparare a giudicare le persone con cui vengono a contatto per quello che fanno non per quello che sono. Perché chi giudica un altro in base a quello che è e non a quello che uno fa è un razzista e la scuola di uno Stato democratico il razzismo lo combatte con tutti i mezzi.
Allora qual è il problema? Le posizioni politiche di Piccardo? Non ha parlato di politica. La preghiera islamica? Ha pregato solo lui.
Temo che la ragione di tanto scalpore sia un’altra: qualcuno pensa che la nostra cultura si difenda isolandola e preservandola dal contatto con le altre.

Questo è, al contrario, il modo sicuro di ucciderla: infatti le civiltà sono creature viventi, che prosperano e si sviluppano scambiandosi idee, persone, tecnologie, cibi. Senza la contaminazione diventano come certi tristissimi e polverosi musei della cultura contadina, pieni di attrezzi che nessuno sa più usare.
Cordiali saluti.
Responsabile Aifo Imperia

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