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Chi crede, vive meglio

L'ultima ricerca degli scienziati inglesi svela che i fedeli affrontano la vita con meno stress. Secondo gli studiosi d'Oltremanica: "La religione aiuta a superare divorzi e disoccupazione"

Chi crede, vive meglio

Londra - Credere in Dio rende più felici. Pare già di sentirla la vecchia cantilena degli agnostici e degli atei: ancora oggi, con tutto quello che accade nel mondo? Ebbene sì, almeno a quanto afferma uno studio appena presentato alla conferenza annuale della Royal Economic Society di Londra. Gli autori della ricerca - il professor Andrew Clark e la dottoressa Orsola Lelkes - utilizzando i dati di soggetti del Regno Unito e del resto d'Europa sono giunti alla conclusione che la fede aiuta a superare con maggiore agilità le difficoltà e le tragedie della vita. Un licenziamento, un divorzio sembrano avere un peso diverso sulle spalle di un credente piuttosto che di un agnostico. Un lutto per un ateo può trasformarsi in un abisso senza speranza, per chi crede nella vita eterna è una tappa dolorosa dell'esistenza di ognuno.

Insomma, secondo la ricerca britannica, tutti gli eventi tragici che costellano il nostro trascorrere terreno, vengono affrontati dai fedeli con meno stress perché «la religione stempera l'impatto devastante degli eventi avversi», come ha dichiarato lo stesso Andrew Clark. Per questo lo studio è stato intitolato «Liberaci dal Male. La religione come rassicurazione» e analizza il ruolo rassicurante della fede nelle situazioni di grande difficoltà.

Un modo più elegante, quello dei ricercatori britannici, per affermare che il motto «non ci resta che pregare» è ancora valido. Forse perché in una società sempre più complessa e frammentata, chi crede in qualcosa di ultraterreno, riesce comunque a venire a patti con il dolore per poi superarlo senza venirne definitivamente sconfitto.

Per chi ritiene che questa sia l'unica esistenza a sua disposizione, il processo è molto più faticoso. Le ferite che rimangono sono più profonde e indelebili. Clark e Lelkes hanno utilizzato per lo studio due larghi bacini informativi distinguendo i credenti tra cattolici e protestanti. Distinzione non superflua perché, per esempio, mentre entrambi sembrano venir meno lacerati da una separazione coniugale, gli autori sottolineano che i protestanti sono protetti contro il divorzio, mentre i cattolici vengono puniti per questo.

Dallo studio emergono però anche altri aspetti legati al fatto di essere più, meno o per nulla credenti. Si è scoperto che le persone religiose in Europa tendono ad essere più conservatrici a livello sociale e generalmente ostili alle politiche governative in aree d'intervento come la lotta alla disoccupazione. I credenti sembrano essere più restii degli altri a cercarsi un nuovo impiego nel momento in cui perdono il loro. Meno indifesi degli altri di fronte agli sconquassi esistenziali, possono apparire a volte serenamente «rassegnati» alle avversità dei tempi.

Comprensibile, almeno per tutti coloro certi che la vera vita sia Altrove.

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