Roma

Chiesa dei Cappuccini Un insolito «restauro»

In via Veneto c’è un luogo impressionante dove possiamo colloquiare a tu per tu con la morte. Si tratta del Cimitero dei Cappuccini, annesso alla chiesa dell’Immacolata Concezione, realizzato con le ossa dei frati morti, qui trasportati dal convento della Santa Croce e di San Bonaventura intorno al 1630 sotto il pontificato di Urbano VIII Barberini. Ciò che vediamo, però, è una sistemazione risalente agli anni 1740-60, con decori di gusto rococò, tutti realizzati con elementi ossei, che colpirono fortemente il marchese De Sade. Il macabro percorso meditativo si snoda lungo una serie di piccole cripte, i cui nomi ricordano le ossa dei decori (dei tre scheletri, delle tibie e dei femori, dei bacini, dei teschi, della Resurrezione) e la Cappella della Messa. Il degrado degli ambienti, la cui cura era un tempo a carico degli stessi Cappuccini, ha reso indispensabile un intervento di risanamento, che non è propriamente un restauro per la difficoltà di intervenire su materiali atipici per i restauratori, i quali, tra l’altro, con tanto di tuta, filtri e occhiali, hanno dovuto provvedere allo smaltimento di polveri patogene. Il lavoro ha messo insieme, in effetti, lo storico dell’arte con i biologi che hanno fatto i prelievi preliminari sulle mummie esposte e sui loro sai e i medici legali di Tor Vergata. Per quanto riguarda le mummie, si è provveduto per ora solo al «restauro» di due corpi stanti che si erano talmente incurvati da impedire l’allestimento del cantiere, oltremodo difficile perché montato sulla terra battuta che costituisce il pavimento delle cripte. Le ossa, sia quelle accatastate sia quelle dei decori e dei lampadari, sono state verificate una a una per la tenuta (sono legate con fili di ferro) e trattate con un disinfettante. Ovviamente sono emersi molteplici problemi, soprattutto perché il materiale tende a polverizzarsi.

Anche gli intonaci sono stati risanati e si è provveduto a rimuovere una sorta di altare recente che impediva di vedere la scena originaria.

Commenti