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"È appropriazione culturale". Ora Favino si riscopre sovranista di convenienza

Nessun italiano è stato chiamato a interpretare il ruolo di Enzo Ferrari nel film di Michael Mann. Ira di Favino: "Atteggiamento di disprezzo nei confronti del sistema italiano"

"È appropriazione culturale". Ora Favino si riscopre sovranista di convenienza

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Pierfrancesco Favino, attore spesso incensato dalla sinistra come nuova espressione delle cultura italiana d'alto livello, si è improvvisamente scoperto sovranista. Un sovranismo di convenienza, ovviamente, ma pur sempre parte di quel sistema che prevede la tutela di ciò che è relativo alla patria rispetto alle dinamiche della globalizzazione. L'occasione per dimostrare il suo pensiero in tal senso è il film "Ferrari" di Michael Mann con Adam Driver nel ruolo del capostipite dell'azienda automobilistica più invidiata nel mondo, Enzo Ferrari.

E proprio non ci sta l'attore al pensiero che per interpretare il grande imprenditore e visionario italiano sia stato chiamato un attore statunitense. Probabilmente Favino credeva o sperava di essere tenuto in considerazione per quel ruolo in un kolossal come "Ferrari", che si preannuncia come la rivelazione mondiale nelle sale il prossimo inverno (uscita 30 novembre). E così, da Venezia, attacca il sistema cinematografico mondiale a margine dell'incontro per "Adagio", film di Stefano Sollima. "I Gucci avevano l'accento del New Jersey non lo sapevate?", ha detto ironico citando la produzione di Ridley Scott, altra produzione di enorme successo, "House of Gucci".

E così, nella sua difesa, forse di parte, tira in ballo anche concetti come l'appropriazione culturale, spesso utilizzata dai progressisti per le loro battaglie, smontando uno dei pilastri che negli ultimi anni ha retto il cinema mondiale, con quanto meno bizzarre reinterpretazioni di ruolo. "C'è un tema di appropriazione culturale, non si capisce perché non io ma attori di questo livello non sono coinvolti in questo genere di film che invece affidano ad attori stranieri lontani dai protagonisti reali delle storie, a cominciare dall'accento esotico", ha detto l'attore, indicando Toni Servillo, Adriano Giannini e Valerio Mastandrea, con lui nel film di Sollima.

Quindi, Favino aggiunge: "Se un cubano non può fare un messicano perché un americano può fare un italiano? Solo da noi. Ferrari in altre epoche lo avrebbe fatto Gassman, oggi invece lo fa Driver e nessuno dice nulla. Mi sembra un atteggiamento di disprezzo nei confronti del sistema italiano, se le leggi comuni sono queste allora partecipiamo anche noi". Andrea Iervolino, Ceo del Gruppo ILBE e produttore del film Ferrari, ha replicato a Favino: "Caro Favino, negli ultimi trent'anni, il cinema italiano non ha creato uno star system riconoscibile nel mondo, così come invece è stato ai tempi di Gassman. Gli altri Paesi non americani hanno avuto invece un approccio diverso e forse vincente dando vita e luce a: Banderas, Bardem, Cruz, Cassel, Cotillard, Kinnam, Mikkelsn, Schoenaerts, Kruger che sono oggi nomi internazionalmente riconosciuti con un notevole e comunque discreto valore. In Italia invece per lanciare talent italiani bisogna fare film internazionali, con nel cast un mix di attori stranieri e nostrani".

Se questo è il metro di giudizio di Favino, perché quando a interpretare la Sirenetta, che nella storia originale ha la pelle chiara, gli occhi "blu acqua" e i capelli rossi, è stata chiamata Halle Barry, bravissima attrice ma con caratteristiche diverse, nessuno ha parlato? Eppure, Ariel è di chiara origine nordica.

Lo stesso per Biancaneve, il cui nome nasce proprio dal fatto che, nella storia originale, una regina esprime il desiderio di avere una figlia con la pelle "bianca come la neve" ma nel film in uscita nel 2024 che viene annunciato come "politicamente corretto", avrà le sembianze di Rachel Zegler, la cui pelle non è certo così chiara.

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