Cinema

"Challengers", il nuovo film di Guadagnino tra tennis, eros e geometria esistenziale

Triangolo amoroso e dramma sportivo si mischiano e diventano metafora delle infinite possibili interazioni tra le diverse personalità archetipiche nel campo da gioco della vita

"Challengers" di Guadagnino: tennis, eros e geometria esistenziale

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"Challengers" di Guadagnino: tennis, eros e geometria esistenziale

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Challengers, il nuovo film di Luca Guadagnino, si appresta finalmente ad arrivare nelle sale dopo la mancata apertura dell’80esima Mostra Internazionale del Cinema di Venezia causata dallo sciopero degli attori e sceneggiatori d'oltreoceano.

Il regista di titoli come Chiamami col tuo nome, Suspiria e Bones and all stavolta mette in scena un ménage à trois che ha tutto per incontrare l’immaginario del pubblico moderno: una star dalla recitazione magnetica, due attori co-protagonisti all’altezza, dialoghi eccellenti, una colonna sonora esplosiva e tanta adrenalinica sensualità. Si tratta di ingredienti sufficienti a regalare un incasso maiuscolo e un intrattenimento accattivante secondo logiche hollywoodiane, anche se siamo in un film tutt’altro che senza difetti.

Tashi Duncan (Zendaya), un’ex campionessa di tennis diventata allenatrice, è sposata con un fuoriclasse reduce da una serie di sconfitte, Art (Mike Faist). Per far ritrovare fiducia al marito, architetta di iscriverlo a un torneo minore in cui riprenda confidenza con la vittoria, ma non tutto va secondo i suoi piani: l’uomo si troverà a dover affrontare sul campo quel che resta di Patrick (Josh O'Connor), un tempo suo migliore amico ed ex fidanzato di Tashi.

La conflittualità competitiva dentro e fuori dal campo tra due contendenti agli antipodi tra loro, il misurato Art e l'impulsivo Patrick (non a caso ribattezzati in gioventù “Ghiaccio & Fuoco”), viene condotta all’estremo e si risolverà a tempo debito in un ipercinetico ed esagerato crescendo finale.

Da spettatori veniamo a conoscenza delle dinamiche pregresse del rapporto tra i personaggi osservando differenti frammenti delle loro esistenze. L’infuocato triangolo amoroso nato tra i campi da tennis viene esplorato attraverso un continuo rimbalzo tra un passato lontano, uno più recente e il presente, non senza alcuni passaggi a vuoto e un’inaspettata ridondanza che espone il racconto al rischio noia. Challengers è infatti un film sexy e accattivante ma in cui la tensione non è costante; ci sono cali di ritmo e l'alternanza di piani narrativi alla lunga è più sfinente che appassionante.

La componente tennistica, quota action di qualità innegabile, è energica e giocosamente sperimentale: le sequenze nel rettangolo di gioco sono varie e mai noiose, con climax contraddistinti da divertite bizzarrie registiche.

Un plauso alla trascinante colonna sonora, vera anima del film; le scene salienti sono sottolineate da note il cui mood energizzante accelera il battito cardiaco e muove nello spettatore il vagheggiamento dell’azione.

L’interpretazione di Zendaya è bruciante di intensità. La sua Tashi è davvero crudele? Di sicuro è una forza della natura e una donna che non si scusa del carattere forte, della spregiudicatezza e dell’istinto manipolatorio. Veemente nella gestione delle dinamiche di potere, la giovane tira le fila del gioco, ora rovinando e ora ricomponendo la simbiosi fraterna (ma anche omoerotica) fra due uomini che, anche quando tentano di porsi come pari a lei, restano sempre un passo indietro, l’uno da finto ribelle, l’altro da satellite attorno al sole. Eppure Tashi non è una vincente, perché nessuno lo è davvero. Anche chi impone venerazione e detta le regole del gioco può dover fare i conti col destino e con l’altrui libero arbitrio.

Attraverso personaggi ben scritti e altrettanto ben interpretati Challengers allude a come non esista incontro senza scontro; si fa metafora di come l’esistenza sia un match che si protrae in anni e circostanze diverse e in cui ognuno ha un’idea personale di vittoria e del prezzo disposto a pagare per ottenerla.

Questo non è un film sul tennis, semmai ne cavalca le dinamiche per farsi paradigma delle infinite possibili relazioni tra personalità archetipiche (da un lato la femme fatale, dall’altro il “mastro di chiavi” e il “guardiano di porta” della psicologia analogica).

Tra momenti ridondanti, rimescolamento continuo delle carte e infinito palleggio spazio-temporale, siamo lontani dal capolavoro; di sicuro però Challengers è una delle migliori opere di Luca Guadagnino.

Al cinema dal 24 Aprile.

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