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Asilo nido comunale o privato? Come variano i prezzi per città

Strutture insufficienti e aumenti delle quote rendono problematico per molte famiglie l’accesso a queste strutture per l’infanzia. La situazione da Nord a Sud

Asilo nido comunale o privato? Come variano i prezzi per città
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Molte famiglie si preparano ad affrontare le “sfide” autunnali, fra cui i vari rincari previsti e puntualmente preannunciati un po’su tutti i fronti, compresi quelli delle spese di scuola e asili. Anche le rate e le quote degli asili nido, sia pubblici che privati, risentono infatti dei rincari dovuti all’inflazione e al caro bollette. Per quanto riguarda il biennio 2023-2024, si stimano aumenti intorno al 10%, legati principalmente ai costi di mensa e materiali, come la carta, almeno stando ad un’analisi de Il Corriere della Sera.

In realtà la fase più importante di iscrizione e pubblicazione delle graduatorie per le strutture pubbliche si è “consumata” fra la primavera e l’inizio dell’estate, anche se alcuni comuni prevedono la possibilità di iscrizioni tardive, con scadenza indicativa fino a metà settembre. Per tutti gli altri, non resta che tentare la sorte presso le strutture private convenzionate, che comunque non si discostano troppo come costi, da quelle pubbliche e, in alcuni casi, sono costrette a fare ricorso a liste d’attesa. Ma quali sono questi costi? Cerchiamo di scoprirlo insieme, prendendo in esame le varie tipologie di asilo, dal pubblico al privato, con riferimenti a tutto il territorio nazionale.

Il quadro generale

Se gli aumenti stimati per queste strutture si attestano, come detto, intorno al 10%, le iscrizioni agli asili nido pubblici e alle materne fanno registrare un calo, nei servizi educativi finanziati dai Comuni, del 10,5%, a testimoniare come non siano ancora alla portata di tutte le famiglie, neppure con provvedimenti quali il Bonus asilo (che vedremo più avanti) e l’Assegno unico. Del resto, come abbiamo avuto modo di sottolineare asilo nido (e anche le baby-sitter) sono fra le voci di spesa più significative nei primi anni di vita di un bambino.

Dopo la pandemia, e con l’inflazione ancora galoppante, la spesa media comunale per ogni bambino è arrivata a quasi 10.000 euro l’anno, con consistenti incrementi a partire dal 2020. La crescita dei costi è stata più elevata al Nord-ovest (+ 1.695 euro) e al Sud (+1.257 euro). Nel 2022 le voci di bilancio dei Comuni contenenti le tariffe pagate dai cittadini per i servizi pubblici sono aumentate dell'11,5%. Proprio gli asili nido (insieme a Trasporti, parcheggi, cultura, servizi scolastici, sport) sono stati le principali aree con servizi a domanda individuale, in cui si è concentrato l'incremento, per un importo di 298 milioni di euro, pari all'84,1%, con i servizi dell'area "Scuola, asili nido, mense e formazione" che hanno fatto registrare proventi per 92 milioni di euro (25,9%).

Quanti nidi in Italia

Secondo dati relativi al 31 dicembre 2019, prima dell’emergenza Covid, risultavano attivi sul territorio nazionale 13.834 servizi per la prima infanzia, circa 500 in più rispetto all’anno precedente. I posti complessivi erano 361.318, di cui il 50% all’interno di strutture pubbliche comunali. L’offerta era composta principalmente da asili nido, mentre i rimanenti posti (12,6%), risultavano nelle sezioni primavera, per bambini dai 24 ai 36 mesi, collocate prevalentemente nelle scuole d’infanzia, in parte nei servizi integrativi per la prima infanzia (8,6%), che comprendono spazi gioco, centri per bambini e genitori e servizi educativi in contesto domiciliare. In lieve incremento, dal 25,5% del periodo 2018/2019 al 26,9% del 2019/2020, la percentuale di copertura dei posti rispetto ai residenti da 0 a 2 anni, sia per l’aumento dell’offerta complessiva, sia per la riduzione dei bambini sotto i tre anni (imputabile al calo delle nascite).

Un’offerta che, nonostante i segnali di miglioramento, si conferma ancora sotto il parametro UE, pari al 33% di copertura dei posti. Anche in questo caso, permangono ampi divari su scala nazionale: mentre il Nord-est e il Centro Italia consolidano la copertura sopra il target europeo (con 34,5% e 35,3%), il Nord-ovest centra quasi l’obiettivo (31,4%) mentre il Sud (14,5 %) e le Isole (15,7%), pur in miglioramento, risultano ancora decisamente distanti.

I costi a Milano e Roma

Le tariffe per l’iscrizione e la frequenza degli asili nido a Milano sono state aggiornate dalla giunta comunale a dicembre scorso, con un incremento medio dell’8,07%. A documentarlo, una rilevazione del Sole 24 Ore. In particolare, la quota di iscrizione è passata da 52 a 56,20 euro; a questa si aggiunge la quota mensile, determinata in base all’Isee della famiglia. Considerando che nel capoluogo lombardo, chi ha un reddito inferiore a 6.500 euro non paga nulla, gli aumenti, che interessano le altre fasce, variano dagli 8 ai 49 euro al mese. Quindi una famiglia con un Isee di poco superiore ai 30.000 euro, si trova a pagare una retta mensile passata da 465 a 502,20 euro. A determinare gli aumenti sono stati anche i costi per la mensa, passati da 4,44 euro al giorno a 5,50, in pratica 30 euro al mese in più.

Se Milano, da questo punto di vista “piange”, Roma, prendendo a prestito una nota similitudine, certo “non ride”. Negli ultimi dieci anni le rette degli asili nido pubblici sono cresciute qui del 47%, pur risultando meno care rispetto a quelle milanesi. Nella Capitale, la stessa famiglia con un reddito annuo di poco superiore a 30.000 euro paga 300 euro al mese, senza poter contare, però, su tutta una serie di servizi aggiuntivi che, se conteggiati, potrebbero portare la quota fino a un massimo di 440 euro al mese. A Roma, a non pagare l’asilo nido è chi detiene un reddito che non superi i 5.000 euro.

I costi nelle altre grandi città

Nel resto delle grandi città la politica è stata per lo più quella di confermare le rette, in molti casi mai aumentate da prima del Covid. Attraversando il Paese, a Bologna, dove le tariffe beneficiano già di una misura sperimentale regionale che mira ad abbattere i costi per le famiglie residenti, le rette per il tempo pieno vanno da un minimo di 40 euro al mese per i nuclei con Isee inferiore ai 10.000 euro fino ai 575 euro al mese per gli Isee superiori a 35mila euro.

A Firenze le rette degli asili nido variano in base all'Isee (con soglie da un minimo di 5.500 euro a un massimo 32.500), ma anche in base al numero di ore di frequenza: in caso, ad esempio, di uscita alle 17.30, la retta va dai 66 ai 500 euro. Anche qui non si segnalano aumenti, né nell’ultimo anno, né per il prossimo.

Torino vede le tariffe per i nidi comunali a gestione diretta partire da un minimo di 55 euro sul tempo lungo per la fascia Isee fino a 3.900 euro, a un massimo di 556 sul tempo lungo e per la fascia di reddito più alta, cioè oltre 38.000 euro. Per i nidi comunali convenzionati le tariffe, in applicazione delle relative condizioni contrattuali, sono fisse e ridotte del 15% rispetto a quelle dei nidi a gestione diretta, vanno dunque dai 47 euro ai 473 euro al mese, in base all’Isee.

A Venezia, dove i residenti con Isee fino a 6.204 euro godono dell’esenzione totale dal pagamento della retta, la quota mensile arriva a 455 euro mensili per gli Isee oltre gli 80.000 euro, mentre la tariffa non agevolata è di 462,50 euro.

Nessun aumento finora nenche a Napoli: il nido con orario prolungato costa fino a 290 euro al mese per i nuclei con Isee oltre i 24.000 euro, mentre la quota minima, con Isee fino a 4.000 euro, è di 35 euro al mese. Il Comune di Napoli ha fatto sapere che, per l’anno scolastico 2023/24 “non è ancora stata definita la retta mensile degli asili nido e delle sezioni primavera”.

A Bari la retta viene calcolata in base all’Isee del nucleo familiare e corrisponde all’1% del valore Isee, fino a un massimo di 400 euro.

Il Comune di Palermo non modifica le rette dal 2015. La retta minima è di 16 euro al mese per Isee entro i 5.000 euro, mentre la massima arriva a 312,50 per un Isee oltre 60.000 euro.

Anche Catania, come Milano, ha approvato l’aumento dell’8,1% con adeguamento all’incremento del costo della vita registrato nel 2022, a partire dall’anno scolastico 2023/24. Le rette salgono quindi da un minimo di 42,15 euro al mese, per la fascia Isee più bassa, entro i 12.000 euro, ad un massimo di 275,67 per la fascia più alta, cioè oltre i 45.000 euro.

Gli asili privati

Se quella descritta è la situazione per le strutture pubbliche, non si può dire sia migliore per i privati convenzionati. Secondo uno studio di Altroconsumo, infatti, il costo medio nelle maggiori città italiane, per chi lascia il bambino per 10 ore al giorno, è di 620 euro. Se invece il piccolo vi resta solo 5 ore l’importo è di 480 euro. Ma anche qui si annunciano nuovi aumenti, dunque i costi non resteranno tali ancora a lungo.

Bonus nido

Se il quadro generale non lascia molto spazio all’ottimismo, la buona notizia è che anche quest’anno è stato confermato il Bonus nido che permette alle famiglie di ottenere un rimborso sulle rette pagate da 1.500 a 3.000 euro l’anno. Per avere accesso a questo strumento e domande si possono inviare sul sito Inps o tramite Caf o patronato. Il Bonus può essere richiesto fino al 31 dicembre dell'anno di riferimento. Per le quote pagate da gennaio 2023 a dicembre 2023, dunque, (fino a un massimo di 11 mensilità) può essere richiesto fino al 31 dicembre. Le richieste verranno evase fino a esaurimento fondi, per un totale di circa 550 milioni di euro. Fondamentale la presentazione di un Isee valido, per assicurarsi un’erogazione commisurata alla reale fascia economica del nucleo.

Le speranze dal Pnrr

La situazione degli asili nido è un tema che da molto tempo in Italia si è trascurato di affrontare. Né il costante trend di denatalità che affligge il Paese può “compensare” la carenza endemica di strutture pubbliche e private di questo tipo, ben al di sotto, come abbiamo visto, della copertura minima fissata dall’UE. Gran parte delle speranze per il futuro sono riposte nell’attuazione degli obiettivi previsti dal Pnrr, fra i quali figura un forte potenziamento degli asili nido, che procede con un’alta percentuale di assegnazione degli appalti, ma non senza difficoltà, legate ai bandi e alla gestione delle risorse.

Un ruolo cruciale da giocare nella catena che porta all’attuazione delle misure toccherà alle amministrazioni locali, che dovranno sia scegliere se richiedere o meno i fondi messi a disposizione, sia possedere le competenze tecniche per decidere, e implementare la scelta.

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