Letteratura

Il comunismo realizzato (in Terra e su altri pianeti)

Torna il romanzo "È difficile essere un dio" (del 1964) dei visionari fratelli russi Strugackij

Il comunismo realizzato (in Terra e su altri pianeti)

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A metà Dicembre del 1962, Nikita Krusciov visita una mostra di arte contemporanea al Maneggio di Mosca. Pare istigato dall'allora capo della commissione ideologica del Comitato centrale Leonid Fëdorovic Il'icev, il segretario corre infuriato per le sale della mostra gridando: «Stronzi! Per chi lavorate? Di chi è il pane che mangiate? Froci! Per chi avete insudiciato tutto, sudicioni?».

Pare che, sempre in quell'occasione, nasca in celebre aneddoto secondo cui l'esasperato Nikita, fissando una brutta immagine dentro una cornice, esclami: «E cos'è questo culo con le orecchie?». Qualcuno, con voce tremante, gli risponde: «È uno specchio, Nikita Sergeevic...». Così, almeno, ricostruisce l'episodio Boris Strugackij, nella illuminante postfazione al romanzo È difficile essere un dio di Arkadij e Boris Strugackij, pubblicato in Russia nel 1964, uscito la prima volta in Italia nella collana Urania della Mondadori nel 1989 e che oggi torna in libreria per Marcos y Marcos (pagg. 288, euro 18; traduzione di Diletta Bacci, a cura di Paolo Nori, autore anche di una prefazione). Ovvio che tutti i mezzi d'informazione, già dall'indomani, si scaglino contro l'astrattismo e il formalismo nell'arte. Il 17 Dicembre, sulla collina Lenin, ci sono proprio tutti i leader del Partito Comunista: Brenev, Voronov, Kirilenko, Kozlov, Kosygin, Mikojan, Poljanskij, Suslov, Krusciov a celebrare la «GRANDIOSITÀ DELLA VERA ARTE ALLA LENIN». Pian piano riferisce sempre Boris Strugackij l'ondata purulenta e moralizzatrice raggiunge anche «la nostra periferia», «il nostro tranquillo laboratorio di fantascienza».

I fratelli Arkadij Strugackij (1925-91) e Boris Strugackij (1933-2012) sono in quel momento autori già molto famosi e, dal '62, hanno in mente l'ennesimo romanzo, ma non sono ancora d'accordo sullo stile. Arkadij vorrebbe «Un romanzo sulla nobiltà astratta, sull'onore e sulla gioia, alla Dumas». Nel suo diario lascia questi appunti significativi: «C'è un pianeta da qualche parte (Arkanor, ndr), una copia esatta della Terra, forse con piccole differenze, nell'epoca immediatamente precedente alle grandi scoperte geografiche. Assolutismo, divertenti moschettieri ubriachi, un cardinale, un re, principi ribelli, l'Inquisizione, bettole di marinai, galeoni e fregate, donne bellissime, scale di corda, serenate, ecc...». Sul nostro pianeta invece i terrestri che, nel frattempo son diventati tutti comunisti e vivono in Paradiso, mandano una «talpa», scelta dalla Società Storica di Mosca, col compito di documentare la vita di questa piccola terra medievale, «in modo divertente e interessante, come I tre moschettieri, solo con piscio e sporcizia medievale, includendo come puzzavano le donne e le masse di mosche stecchite nel vino».

Alla luce della svolta di Krusciov, i fratelli Strugackij comprendono bene che, mentre per loro «Il comunismo è un mondo fatto di libertà e creatività», per chi comanda è «una società in cui la popolazione adempie immediatamente e con piacere a tutte le istruzioni del partito e del governo». Dalla presa di coscienza di ciò, nasce l'esigenza di modificare la storia «divertente, di moschettieri» e anche Arkadij si convince della necessità di una correzione ideologica essenziale. Il tempo delle «cose leggere» è finito (o forse deve ancora incominciare), come quello delle spade e dei cardinali. Il libro diventa un romanzo sul destino dell'intelligencija nel crepuscolo del Medioevo.

Il risultato è un piccolo capolavoro che fin dal 1964 vende milioni di copie (due milioni e seicentomila solo in Russia) ed è tradotto in diciassette Paesi, mentre il cinema nel fa due riduzioni: nel 1989 il regista tedesco Peter Fleischmann ne trae il film Es ist nicht leicht ein Gott zu sein, una produzione russo-franco-tedesca con la partecipazione di Werner Herzog; e nel 2013 esce Trudno byt' bogom del regista russo Aleksei German.

Non è facile comprendere il successo di questo romanzo sovietico di fantascienza. Probabilmente ha ragione Paolo Nori, notando come gli Strugackij «parlino di noi quasi allo stesso modo in cui ce ne parla un racconto di cento anni prima, le Memorie del sottosuolo di Dostoevskij».

I due fratelli parlano un linguaggio universale.

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