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Condannato per abusi, ma gli davano i bimbi

Condannato per abusi, ma gli davano i bimbi

Un «santone» per i suoi fedelissimi, un profeta, taumaturgo in grado di compiere miracoli. Rodolfo Fiesoli, 70 anni, toscanaccio dalla battuta pronta, uno «che sprizza ottimismo da tutti i pori» racconta chi lo conosce, fondatore della Cooperativa agricola «Il Forteto» di Vicchio del Mugello trasformatasi in fondazione Onlus, trentatrè anni dopo, però, torna in cella. Le accuse? Più o meno le stesse del secolo scorso: maltrattamenti e violenza privata.
Era il 1978, quando lo portarono, in un giorno di dicembre, nel carcere fiorentino delle Murate. Ci rimase poco, due mesi. Fu poi condannato a 2 anni. La sentenza divise la stessa magistratura, all’epoca il tribunale per i Minori continuò ad affidargli ragazzini dalla vita «disperata». Fino al 2008. Innocentisti e colpevolisti. Per taluni un «martire»; per altri un depravato.
Ora contro di lui ci sono nuove sette denunce e la testimonianza di una ventina di persone uscite dalla cooperativa. Alcuni di loro erano stati affidati alla comunità quando erano ancora bambini e provenivano da situazioni familiari disastrose, molti vittime di abusi. I pm hanno creduto ai loro racconti e, guarda caso, ancora in un giorno di dicembre, Fiesoli si ritrova di nuovo in galera. Stavolta in quella nuova di Solliciano.
Personaggio controverso il «profeta». «Sosteneva- dice chi lo accusa- che in ogni persona ci fosse una tendenza omosessuale e che dunque bisognasse liberarsi dal tabù». All’atto pratico, la liberazione — sempre secondo le presunte vittime — consisteva per i giovani maschi in rapporti sessuali con lui. «Così- ciascuno si sarebbe liberato dalla “materialità” e avrebbe superato le violenze subìte. Altro metodo educativo praticato da Fiesoli — stando alle testimonianze raccolte — sarebbe stata “la seduta serale di chiarimento”, in cui faceva ammettere ai presenti, insistendo fino allo sfinimento, predilezioni sessuali per persone dello stesso sesso». Talvolta -si legge nei verbali- ricorrendo anche a punizioni severe. «Uno dei ragazzi ribelli ricorda di essere stato rinchiuso per un’ora in una cella frigorifera».
Il pm Giuliano Gianbartolomei e il gip Paola Belsito hanno ritenuto, evidentemente, di trovarsi di fronte ad accuse circostanziate e soprattutto attendibili.
«Quando sono uscito dalla comunità mi sono reso conto che ero un soldatino», ha detto uno degli ospiti. Dall’altra parte, c’è un lavoro lungo decenni, quello del recupero di ragazzi abbandonati e lacerati, con diversi psicologi, neuropsichiatri infantili e assistenti sociali che sostenevano di aver prodotto ottimi risultati. Dove sta la verità? Magari nel mezzo. Forse in frammenti di doppie vite celate e ricostruite.
Qualcun altro sostiene che Fiesoli imponesse la divisione fra i sessi anche in camera, ma veniva sempre informato in anticipo delle visite delle assistenti sociali e faceva quindi trovare situazioni familiari apparentemente «perfette», con le foto dei genitori affidatari e dei bambini nelle stanze, naturalmente ben pulite e ordinate.
Quando gli è stato notificato l’ordine di cattura, Fiesoli si è sentito male.

«Ho solo fatto tanto bene all’umanità», ha sussurrato varcando i cancelli della prigione.

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