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Controlli zero: Milano di notte resta da «bere»

La serata, come di consueto, comincia molto tardi, quando gli altri sono pronti per andare a dormire: sono le undici e sulle tangenziali milanesi si viaggia tranquillamente. I trenta chilometri d’asfalto - dalla periferia nord di Milano a piazzale Corvetto - appaiono totalmente «incustoditi». Di posti di blocco nemmeno l’ombra in questa prima notte di applicazione del codice etico adottato dalle discoteche. Certo, una sola serata trascorsa in una discoteca della «Milano da bere» è probabilmente troppo poco per un giudizio definitivo, ma la desolante sensazione è questa.
Persino sulla strada del ritorno - quando ormai sono le quattro del mattino e il pericolo di incidenti aumenta sensibilmente - agenti di polizia, carabinieri e vigili restano un miraggio. E così la preoccupazione di un inaspettato test del palloncino non sfiora minimamente chi deve guidare dopo una serata tra musica e cocktail.
E anche all’interno del locale la percezione è identica. Il codice etico è stato firmato da poco e forse ancora non hanno avuto modo di attrezzarsi, viene da pensare. Però di braccialetti o sconti per chi promette di non bere non se ne parla minimamente, anzi.
L’attenzione, come sempre, sembra essere dirottata altrove. I buttafuori controllano attentamente l’abbigliamento delle persone accalcate in coda all’ingresso, storcono il naso se si presenta un gruppo con troppi uomini e poche donne, sogghignano se qualcuno esce dal locale barcollando pericolosamente.
I pr - a decine attorno al locale - fanno a gara per accalappiare i clienti: offrono riduzioni e qualche allettante consumazione gratis. Se guidi o non guidi non gli importa. L’importante è pagare: 360 euro per due bottiglie di rhum. Poco importa se attorno al tavolo ci sono solamente otto ragazzi e due di loro dovranno presto mettersi alla guida: i camerieri incassano e la serata prosegue.
Tutt’attorno si ripetono le stesse identiche scene. Si balla, si sorride, si incontrano nuove persone. Ma soprattutto si consuma.

Nella stupida convinzione che «tanto a me non capiterà mai».

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