Economia

Coop e Farinetti si fanno il loro Expo E anche tanti soldi

Il patron di Eataly e amico intimo di Renzi gestirà la nuova Disneyland agro-alimentare di Bologna. Lui ci mette il marchio, i compagni il resto E tutti ci potranno lucrare

Coop e Farinetti si fanno il loro Expo E anche tanti soldi

Bologna la dotta, la grassa, la rossa. E la generosa con gli amici degli amici. Con Oscar Farinetti, il patron di Eataly e intimo di Matteo Renzi, è stata generosissima. Gli ha regalato gli 80mila metri quadrati del mercato ortofrutticolo alle porte della città, all'incrocio di autostrada, tangenziale e quartier generale delle coop. Lì, in un quadrante nel quale sono stati spesi 100 milioni di euro pubblici, Farinetti realizzerà la Disneyland dell'agroalimentare made in Italy, una fiera del cibo nostrano che non chiude mai, una vetrina del territorio in cui perpetuare le meraviglie dell'Expo milanese sull'alimentazione.

FICO ALL'EMILIANA

Forse è questo il vero Expo, quello stabile, permanente, e soprattutto targato coop (che già controllano il 40 per cento di Eataly distribuzione srl). Farinetti l'ha battezzato con l'ennesimo gioco di parole: Fico. Fabbrica italiana contadina. A Bologna ci vanno a nozze. Che Fico. Fichissimo. Nessuno qui ne parla male perché in tanti sperano di lucrare qualcosa. Ma chi ci guadagna di più è lui, il sessantenne Natale Farinetti detto Oscar, che come al solito ci ha messo una minima parte del denaro. Se va male la perdita è limitata, se invece andasse bene il merito sarà tutto suo. E, di riflesso, delle coop che lo finanziano.

L'ineguagliabile dote farinettiana è quella di ottenere spazi e soldi pubblici e convincere investitori a versarne altri. Il «sistema Farinetti» è così, semplice ed efficace. A Torino il negozio fu concesso gratis dal sindaco Sergio Chiamparino, a Roma un abuso fu sanato da Alemanno in tempi record, alla Fiera del Levante di Bari le autorizzazioni sono arrivate da Emiliano e Vendola 24 ore prima dell'apertura. L'agroimprenditore ha trovato porte spalancate anche all'Expo, che ha affidato ad Eataly per appalto diretto (quindi senza gara) uno spazio per la ristorazione di 8mila metri quadrati, con 20 aree regionali, un centinaio di cuochi e una previsione di oltre due milioni di pasti da distribuire nei sei mesi della manifestazione. Il contratto garantisce a Farinetti il 95 per cento degli incassi, stimati in 44 milioni di euro. L'Autorità anticorruzione guidata da Raffaele Cantone ha chiesto al commissario Expo, Giuseppe Sala, di scodellare qualche chiarimento.

A Bologna doveva filare tutto più liscio. Il comune è d'accordissimo con Eataly World, al punto da aver consegnato a Farinetti un'area già attrezzata valutata 55 milioni di euro. Un'altra quarantina di milioni sono arrivati da finanziatori vari. E qui c'è tutta la Bologna che conta: Unindustria (4 milioni), Associazione commercianti, Camera di commercio, Cna, Confartigianato; le banche (Banca Imi presieduta da Fabio Roversi Monaco con 5 milioni di euro, Emilbanca, la fondazione Carisbo e CariMonte Holding). Imprenditori di fama come le famiglie Monti (editori del Resto del Carlino ) e Romagnoli (produttori di patate), lo zuccherificio Coprob e Unendo Energia, la società che ha realizzato nell'area il più grande impianto fotovoltaico su tetto d'Europa: 25mila pannelli solari costati quindici milioni di euro pubblici ora girati a Farinetti. Il quale di suo ci mette un «chip» da un milione di euro che comprende l'uso del marchio Eataly e il know how gestionale.

I COLOSSI IN CAMPO

E naturalmente sono presenti le coop in massa. Il colosso Adriatica è il socio di riferimento, con 9 milioni di euro versati; seguono FiBo (la finanziaria di Legacoop, tre milioni), Coop Reno (uno) e Confcooperative, il ramo «bianco» dell'economia mutualistica. Tutti a comprare le quote del fondo immobiliare Pai (Parchi agroalimentari italiani) creato per l'occasione dalla società di gestione finanziaria Prelios sgr. Nei padiglioni di Fico troveranno posto non soltanto i prodotti e gli chef, ma sarà esibita l'intera attività agricola, alimentare ed enogastronomica nostrana: sorgeranno stalle con prosciuttifici e caseifici, orti, frutteti, uliveti, risaie, mulini, campi di orzo per la birra artigianale, vigne per vino e grappa, cantine, torrefazioni, fabbriche di cioccolato e biscotti, botteghe artigiane, aree didattiche e spazi culturali. E tutte quelle specialità regionali e produzioni di nicchia di cui Eataly si fa ambasciatore nel mondo, compresa la pasticceria antiracket del palermitano Santi Palazzolo, che su richiesta di Caab e Coop allestirà un laboratorio di cannoli antimafia e altre prelibatezze siciliane «no pizzo».

L'idea di Eataly World è di un altro renziano doc, Andrea Segré, presidente del Centro agroalimentare di Bologna (Caab), docente di politica agraria all'università felsinea e inventore (sulla scia del successo del Banco alimentare) del Last minute Market per recuperare gli sprechi dei supermercati. Il Caab è una struttura faraonica mai decollata perché ignorata dai protagonisti della distribuzione agricola in Emilia-Romagna, cioè il sistema Coop. Che ora invece mette le mani su questa enorme superficie pubblica: amministratore delegato di Fico è infatti Tiziana Primori, manager di primo piano di Coop Adriatica e vicepresidente di Eataly.

APPALTI AMICHEVOLI

Qualcuno ha eccepito che Farinetti abbia ottenuto la gestione del Caab senza gara d'appalto: in realtà sono le coop ad avere l'operazione in pugno, saranno loro a gestire gli 80mila metri quadrati conferiti dal Centro agroalimentare partecipato quasi totalmente da enti pubblici (comune di Bologna 80 per cento, provincia 1,6, regione 6,1, Camera di commercio 7,6), oltre che banche (3,3) e grossisti ortofrutticoli (1,1). E chi ha vinto l'appalto da 40 milioni di euro per aggiudicarsi i lavori per trasformare il Caab da ortomercato in parco tematico agroalimentare? Domanda retorica: una cordata guidata dalla Ccc, il Consorzio cooperative costruzioni di Bologna.

Il 40 per cento è in capo alla Ccc e una quota uguale spetta a un altro colosso dell'edilizia cooperativa, la Cmb di Carpi, mentre il restante 20 per cento è diviso tra il raggruppamento di imprese artigiane Unifica e i costruttori bolognesi Montanari e Melegari, quest'ultimo presidente dell'Ance provinciale. I lavori di Eataly World rappresentano una robusta boccata d'ossigeno per Ccc, gigante in agonia: un anno fa 380 dipendenti sono passati dalla cassa integrazione ai contratti di solidarietà e incombe il rischio di licenziamenti.

Insomma, Fico alimenterà tutta Bologna: le coop distributive ed edili, i costruttori privati, gli enti pubblici, le banche, gli artigiani. Si parla di 1.500 nuovi posti di lavoro diretti e quasi 5.000 nell'indotto, anche se nessuno calcola quanti se ne perderanno nel commercio tradizionale, sempre penalizzato dalla crescita della grande distribuzione. Ma il punto interrogativo maggiore è sui numeri dei visitatori. Un memorandum redatto da Ernst&Young per Caab li stima in oltre sei milioni annui. Primori e Segré hanno calcolato che 5 milioni garantiscono il pareggio di bilancio. Tanto ottimismo è giustificato dal fatto che il vicino Ipercoop Centronova, a metà strada tra Fico e San Lazzaro di Savena, ha proprio 5 milioni di ingressi ogni anno.

Ma un conto è fare la spesa 3x2 in un centro commerciale, un altro sborsare fior di quattrini per visitare Disneyfood e acquistarne le costose eccellenze alimentari. Sei milioni di visitatori salgono ogni anno sulla Torre Eiffel di Parigi e si recano ogni anno al Metropolitan di New York, ai Musei Vaticani e ai Fori imperiali di Roma, al British Museum e alla National Gallery di Londra. Grandi capitali che attraggono folle di turisti da ogni angolo del mondo. Eataly di Bologna dovrebbe uguagliare quei numeri, il triplo del museo italiano più frequentato (gli Uffizi di Firenze) che ogni anno stacca 1,8 milioni di biglietti. L'apertura è prevista per novembre 2015, in scia alla chiusura di Expo, ma nessun lavoro è cominciato.

Per ora è un Fico secco.

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